Lavoro

Retribuzione convenzionale per il dipendente in smartworking


Con la risposta a interpello 17 maggio 2021, n. 345, l’Agenzia ha fornito chiarimenti in merito alla corretta tassazione di un dipendente in smart working. 

La fattispecie

Nel caso in esame, l’istante è una società di dimensioni internazionali, il cui organico è parzialmente composto da dipendenti che svolgono la propria attività lavorativa all’estero presso le sedi del Gruppo, attraverso il distacco o attraverso contratti di lavoro di diritto estero, con le altre consociate estere del Gruppo.

La crisi sanitaria da Covid-19 e le relative restrizioni alla circolazione introdotte dai vari Paesi hanno ridotto la possibilità di spostamento e indotto le aziende ad adottare per i propri dipendenti l’istituto dello smart working. 

La società chiede chiarimenti in merito alla corretta tassazione del dipendente, fiscalmente residente in Italia, assunto con contratto a tempo indeterminato e inquadramento di dirigente, distaccato dal 1° maggio 2019 presso la consociata estera di Parigi che, a febbraio 2020, con l’inizio dell’emergenza sanitaria, torna in Italia per svolgere la propria attività lavorativa da remoto. 

In assenza di altre indicazioni, la società istante/sostituto d’imposta, prendendo come riferimento le linee guida dell’OCSE del 3 aprile 2020, aggiornate il 21 gennaio 2021, e dell’Accordo Italia-Francia del 23 luglio 2020, ha ritenuto di applicare l’art. 51, comma 8-bis, del TUIR almeno fino al mese di ottobre 2020 (data in cui è soddisfatto, nel caso in esame, il requisito di più di 183 giorni di soggiorno all’estero nell’arco dei 12 mesi). 

La normativa

Giova ricordare che il comma 8-bis dell’art. 51 del TUIR, prevede che il reddito di lavoro dipendente possa essere determinato sulla base di retribuzioni convenzionali quando l’attività lavorativa è prestata all’estero, in via continuativa ed esclusiva nell’arco di 12 mesi, per un periodo superiore a 183 giorni. 

Tali retribuzioni sono fissate entro il 31 gennaio di ogni anno e sono determinate con riferimento e comunque in misura non inferiore al trattamento economico minimo previsto dai contratti collettivi nazionali di categoria raggruppati per settori omogenei.

Per l’applicazione di tale norma è necessario che: - l’attività lavorativa sia svolta all’estero in modo stabilite e permanente; - l’esecuzione della prestazione lavorativa sia integralmente svolta all’estero; - il lavoratore viva nello stato estero per un periodo superiore a 183 giorni; - il lavoratore deve essere inquadrato in una delle categorie per le quali il ministero fissa la retribuzione convenzionale.

Soluzione delle Entrate 

Nel rendere la risposta, l’Agenzia Entrate chiarisce che la tassazione in regime convenzionale per le attività svolte all’estero da un soggetto che rimane fiscalmente residente in Italia, trova applicazione a condizione che la prestazione lavorativa sia svolta all’estero per un determinato periodo di tempo con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità.

Inoltre, la tassazione agevolata spetta se l’attività lavorativa svolta all’estero costituisce l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e, pertanto, l’esecuzione della prestazione lavorativa sia integralmente svolta all’estero.

Infine, per la tassazione in regime convenzionale è necessario che il lavoratore nell’arco di dodici mesi soggiorni nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni. 

Oltre ai requisiti sopra richiamati, è comunque necessario che il lavoratore operante all’estero sia inquadrato in una delle categorie per le quali il decreto Ministero del lavoro fissa la retribuzione convenzionale, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del D.L. n. 317/1987 (legge n. 398/1987).

Secondo l’Agenzia, le citate condizioni non possono considerarsi soddisfatte se l’attività lavorativa viene svolta in smart working in Italia da parte del dipendente distaccato all’estero  che, per effetto delle restrizioni introdotte per gestire la pandemia Covid-19, non ha potuto ritornare nella sede estera.

A nulla rileva il fatto che viene dimostrato che il contratto di distacco non si è interrotto e che conseguentemente l’attività continuava ad essere svolta esclusivamente per il soggetto estero.

Non possono neppure essere richiamati, contrariamente a quanto ritiene l’istante, le linee guida OCSE e l’accordo amichevole Italia-Francia (finalizzato a gestire l’emergenza Covid-19), in quanto detti accordi, secondo l’Agenzia, riguardano esclusivamente la gestione delle doppie imposizioni e pertanto non hanno alcuna rilevanza ai fini della normativa interna e, quindi, nella fattispecie, non possono essere utilizzate per interpretare le disposizioni contenute nell’art. 51, comma 8-bis, del TUIR.

Dunque, si conclude, il reddito prodotto a decorrere dal 23 febbraio 2020 dovrà essere rideterminato dalla società istante come previsto dall’art. 51, commi 1-8, del TUIR.