Economia

Anche se la contabilità la tiene il commercialista, l’imprenditore subisce la condanna per bancarotta


In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l'imprenditore non è esente da responsabilità per il fatto che la contabilità sia stata affidata a consulenti esterni, in quanto, non essendo egli esonerato dall'obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell'impresa.

Questa è la massima contenuta nella recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 6556/2025) con cui i giudici di legittimità, riconfermando il proprio orientamento, hanno cassato con rinvio la pronuncia dei giudici di merito, i quali avevano condannato per bancarotta fraudolenta documentale un imprenditore per omessa tenuta delle scritture contabili, che invece erano conservate dal commercialista.

Per gli ermellini, i giudici di merito avevano errato nel formulare le motivazioni riferite all’individuazione della fattispecie, poiché, sotto il profilo della ricostruzione dell'elemento soggettivo del reato, avevano, in maniera inesatta, ridotto il dolo specifico della bancarotta fraudolenta documentale omissiva, all'accertamento della scomparsa o dell'omessa tenuta dei libri contabili; relativamente al profilo dell'elemento oggettivo, invece la pronuncia non aveva tenuto conto in alcun modo di quale e quanta fosse stata l'omissione contabile contestata, ma anzi, nel richiamare i motivi d'appello e la sentenza di primo grado, era stato introdotto il diverso piano penale riferito alla fattispecie di irregolare tenuta delle scritture contabili, così da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società fallita.

A detta della Cassazione, pertanto, i giudici di merito non avevano considerato l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, che da tempo rammenta la distinzione delle due fattispecie previste dall'art. 216, comma primo, n. 2, l. fall., indicandone il diverso coefficiente soggettivo, oltre che distinguendone la oggettiva condotta.

Richiamano gli ermellini, in particolare, la recente sentenza Sez. 5, n. 45246 del 2024, in cui si è rilevato come la prima fattispecie è quella costruita dal legislatore a dolo specifico (e per questo definita "specifica") e consiste nella sottrazione o distruzione o falsificazione (totale o parziale) dei libri e delle altre scritture contabili; richiede il dolo specifico consistente nello scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. In tale prima ipotesi va inclusa anche l'omessa tenuta dei libri contabili, sempre che la condotta omissiva sia sorretta da dolo specifico, perché altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella - analoga sotto il profilo materiale – di bancarotta semplice documentale prevista dall'art. 217 legge fall. (Sez. 5, n. 25432 del 1 aprile 2012, De Mitri, Rv. 252992; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, Di Cosimo, Rv. 262915; Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, Morace, Rv. 279179).

L'omessa tenuta (così come la sottrazione, distruzione o falsificazione) può essere anche "parziale" e tale nozione ricomprende oltre alla mancata istituzione di uno o più libri contabili anche l'ipotesi della "materiale" esistenza dei libri contabili che però sono stati "lasciati in bianco".

La seconda fattispecie di reato a dolo generico (e definita "generale"), spiega la Cassazione, è integrata dalla tenuta della contabilità, in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita; questa ipotesi, diversamente dalla prima, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente reperiti e analizzati dagli organi fallimentari e si realizza attraverso una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l'annotazione originaria di dati oggettivamente falsi o l'omessa annotazione di dati veri, realizzata secondo le ulteriori caratteristiche e i modi descritti dalla norma incriminatrice (Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, Montanari, Rv. 278321); sotto il profilo soggettivo è sufficiente il dolo generico (una per tutte, Cass. Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020)

Anche sul tema della "falsificazione" la Corte di cassazione (Cass. sentenza n. 45246 del 2024), ha espresso un indirizzo consolidato (che però i giudici di merito non hanno seguito), differenziando tra:

  1. la condotta di falsificazione delle scritture contabili integrante la fattispecie di bancarotta documentale "specifica" può avere natura sia materiale sia ideologica, ma consiste, comunque, in un intervento manipolativo su una realtà contabile già definitivamente formata;
  2. la condotta integrante la fattispecie di bancarotta documentale "generale", invece, che si realizza sempre con un falso ideologico contestuale alla tenuta della contabilità. In altri termini, l'annotazione nativa di dati oggettivamente falsi nella contabilità, sempre che la condotta presenti le altre caratteristiche indicate dalla disposizione incriminatrice, integra sempre e comunque la seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale descritta dall'art. 216 comma 1 n. 2) legge fall. (Cass. Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020).

L'omissione che consiste non nella totale a s s e n z a di annotazioni, ma nella mancata annotazione di specifiche operazioni, dà luogo ad annotazioni incomplete, che incidono sul principio di continuità contabile, bloccando la corretta ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari (non come evento del reato, ma come carattere modale della condotta), evidenziano i giudici, dà comunque la parvenza che la contabilità rifletta l'operatività dell'impresa, creando, di conseguenza, quel raggiro che è punito nella "bancarotta a dolo generico o generale".

La sentenza impugnata viene cassata con rinvio e nel nuovo giudizio dovrà tenersi conto delle considerazioni esposte dalla Cassazione, valutando anche la possibile configurabilità dell'ipotesi di bancarotta semplice documentale, prevista dall'art. 217 l. fall., sulla base del fatto che la tenuta della contabilità era stata affidata ad un professionista esterno alla società.