Fisco

Confisca per equivalente nei reati tributari: divieto di duplicazione della sanzione


La recente sentenza n. 6578 del 18 febbraio 2025 della Corte di Cassazione si pronuncia su un tema di rilievo nell’ambito della confisca per equivalente nei reati tributari, confermando principi giurisprudenziali consolidati e chiarendo importanti aspetti applicativi.

Il caso sottoposto all’esame della Cassazione

La vicenda trae origine dall’omesso versamento dell’IVA, ai sensi dell’art. 10-ter del D.Lgs. 74/2000, da parte di una società. Il tribunale di merito aveva disposto la confisca per equivalente sui beni personali del legale rappresentante, in considerazione dell’incapienza del patrimonio societario. Successivamente, la difesa dell’imputato aveva documentato l’avvenuto pagamento integrale del debito tributario da parte della curatela fallimentare, deducendo l’illegittimità della confisca eseguita nei confronti della persona fisica. Tuttavia, la Corte d’appello, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva respinto l’istanza di revoca, ritenendo irrilevante il pagamento tardivo del debito fiscale.

Il principio di proporzionalità

La Cassazione, annullando l’ordinanza impugnata, ha affermato che il pagamento postumo del debito tributario deve essere considerato ai fini della riduzione o della revoca della confisca. Ciò in quanto la confisca per equivalente non può mai eccedere l’effettivo profitto conseguito dall’evasione fiscale, nel rispetto del principio di proporzionalità sancito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 20887/2015, Cass. n. 6635/2014). Ne consegue che, qualora il debito tributario venga estinto, anche successivamente alla sentenza definitiva, il quantum confiscabile deve essere proporzionalmente ridotto.

Inammissibilità della duplicazione sanzionatoria

La Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui l’ablazione patrimoniale non può determinare una duplicazione della sanzione. La confisca per equivalente è una misura di carattere ripristinatorio e non può essere applicata in misura eccedente il danno economico cagionato all’Erario. Pertanto, se il debito tributario è stato integralmente saldato dal soggetto giuridico che ha beneficiato dell’omesso versamento, la confisca a carico del legale rappresentante non può permanere nella sua interezza.

Rapporto tra confisca diretta e confisca per equivalente

Un altro punto centrale della decisione riguarda la subordinazione della confisca per equivalente all’impossibilità di eseguire una confisca diretta sui beni della società. La Cassazione ha richiamato i principi affermati in precedenti pronunce (Cass. n. 6391/2021, Cass. SS.UU. n. 10561/2014), evidenziando che la confisca diretta deve essere sempre preferita a quella per equivalente. Nel caso di specie, il patrimonio della società risultava in grado di soddisfare il pagamento del debito tributario, circostanza che avrebbe dovuto impedire l’applicazione della confisca per equivalente sui beni del legale rappresentante.

Conclusioni

La sentenza n. 6578/2025 assume particolare rilievo per gli operatori del diritto tributario e per le imprese, chiarendo che la confisca per equivalente deve rispettare il principio di proporzionalità e non può tradursi in una duplicazione della pretesa fiscale. Il pagamento tardivo del debito tributario, anche se successivo alla sentenza definitiva, deve essere valutato dal giudice dell’esecuzione ai fini della riduzione o revoca della confisca. Questa pronuncia conferma, dunque, l’orientamento giurisprudenziale volto a limitare l’applicazione della confisca per equivalente nei limiti del reale profitto conseguito dal reato, garantendo il rispetto dei principi costituzionali di proporzionalità e ragionevolezza delle sanzioni penali-tributarie.