Rimborso IVA al soggetto non residente escluso in caso di identificazione tardiva
Dopo la scadenza del termine di rimborso dell’IVA mediante la procedura del “portale elettronico”, il soggetto non residente privo di partita IVA in Italia non può chiedere neppure il rimborso dell’imposta ai sensi dell’art. 30-ter del D.P.R. n. 633/1972 se l’attribuzione della partita IVA “retroattiva” non è avvenuta entro un termine ragionevole.
È quanto ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 147 dell’11 luglio 2024 in merito al caso prospettato da una società di diritto tedesco che, negli anni 2017, 2018 e 2019, ha ricevuto fatture da fornitori nazionali con applicazione dell’IVA, in quanto riferite a beni successivamente rivenduti a soggetti nazionali con il meccanismo del reverse charge.
Fermo restando che l’istante, privo di identificazione ai fini IVA nel territorio dello Stato, non ha ancora presentato alcuna dichiarazione o posto in essere altro adempimento fiscale, il dubbio interpretativo è relativo alla procedura da adottare al fine di ottenere il rimborso dell’eccedenza detraibile generata per effetto delle operazioni passive svolte in Italia nelle suddette annualità.
Il rimborso dell’IVA mediante la procedura del “portale elettronico”, di cui all’art. 38-bis2 del D.P.R. n. 633/1972, non è ammesso:
- in presenza in Italia di una stabile organizzazione del soggetto non residente;
- in caso acquisto di beni/servizi con imposta indetraibile secondo la legge italiana;
- in caso di effettuazione in Italia di operazioni attive, ad eccezione delle prestazioni di trasporto e delle relative operazioni accessorie, non imponibili ai sensi dell’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972, delle operazioni per le quali l’imposta è assolta dal cessionario/committente italiano con il meccanismo del reverse charge e delle operazioni effettuate ai sensi dell’art. 74-septies del D.P.R. n. 633/1972.
Con le risposte ad interpello n. 339/E/2020 e n. 359/E/2021 è stato chiarito che l’identificazione diretta, al pari della nomina del rappresentante fiscale, non preclude al soggetto non residente la facoltà di chiedere il rimborso IVA mediante la procedura del “portale elettronico”, purché le fatture di acquisto la cui IVA è richiesta a rimborso:
- siano intestate alla partita IVA del soggetto non residente; e
- non confluiscano nelle liquidazioni periodiche e nella dichiarazione annuale presentata utilizzando la partita IVA italiana.
Nel caso di specie, nel presupposto che sussistessero tutte le condizioni previste dalla normativa di riferimento, l’istante avrebbe potuto esclusivamente azionare la procedura di rimborso di cui al citato art. 38-bis2 del D.P.R. n. 633/1972.
Tuttavia, essendo ormai decorsi i relativi termini (30 settembre dell’anno solare successivo al periodo di riferimento per i rimborsi trimestrali e 30 settembre del medesimo anno per i rimborsi annuali), l’Agenzia delle Entrate ha escluso che l’istante possa recuperare l’eccedenza detraibile generata per effetto delle operazioni passive svolte in Italia.
Allo stesso modo, resta precluso anche il rimborso cd. “anomalo” di cui all’art. 30-ter, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, tenuto conto che l’istante non risulta in possesso di una posizione IVA in Italia e che l’attribuzione retroattiva della partita IVA, a valere dall’anno 2017, non è più possibile.
Come, infatti, stabilito dalla Corte di Cassazione (Sent. n. 2746/2023 e Sent. n. 2756/2023) e dalla Corte di giustizia UE (causa C-385/09), l’attribuzione, con effetto retroattivo, della partita IVA è possibile solo se effettuata entro un termine ragionevole dalla data di effettuazione della prima operazione di acquisto.