Agevolazioni

Il lavoratore trasferito all’estero può accedere al beneficio “prima casa”


Con la Circolare 16 febbraio 2024, n. 3,  l’Agenzia Entrate fornisce chiarimenti su diverse novità normative intervenute di recente in materia di imposte indirette. In particolare, la Circolare n. 3/E, fornisce indicazioni riguardo alcune disposizioni, in tema di IVA, IVAFE e imposta di registro, introdotte dalla legge di Bilancio 2024 (legge n. 213/2023), dal decreto “Anticipi” (D.L. n. 145/2023), e dal decreto “Salva-infrazioni” (D.L.  n. 169/2023).

Il documento di prassi è suddiviso per aree tematiche sulla base degli argomenti affrontati.

Nello specifico qui di interesse, si esamina la disposizione introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 69/2023, che ha modificato le condizioni di accesso all’agevolazione prima casa per i contribuenti trasferiti all’estero.

 

Premessa

Si ricorda brevemente in che cosa si concretizza l’agevolazione in questione, ossia il  beneficio di pagare, all’acquisto della casa e se rispettati tutti i requisiti di cui alla nota II-bis) dell’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986 (Testo unico dell’iposta di registro), le seguenti imposte in misura agevolata:

- se trattasi di acquisto non soggetto ad IVA:

imposta di registro del 2% (invece del 9%) del valore dell’immobile (con importo minimo di 1.000 euro);

imposta ipotecaria ed imposta catastale, pari a 50 euro ciascuna;

- se trattasi di acquisto soggetto ad IVA:

imposta di registro, ipotecaria e catastale, pari a 200 euro ciascuna,

IVA al 4% (invece del 10%).

La Circolare n. 3/2024

Con riferimento alle misure concernenti l’imposta di registro, il punto 3.2. della Circolare esamina le “Agevolazione “prima casa” in favore di persone trasferite all’estero per ragioni di lavoro.

A questo riguardo, la Circolare in esame si sofferma sulla norma, del decreto Salva-infrazioni (D.L. n. 69/2023, convertito dalla legge n. 103/2023), in vigore dal 14 giugno 2023, che modifica le condizioni di accesso al beneficio “prima casa” per il soggetto trasferito all’estero.

Infattti, l’art. 2 del D.L. n. 69/2023, intervenendo sulla lett. a) della nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, ha modificato le condizioni per l’accesso al beneficio per i soggetti trasferiti all’estero, per adeguarsi alle osservazioni emerse in seno alla procedura di infrazione n. 2014/4075, a carico dell’Italia, in cui si lamentava che la normativa previgente contenesse una discriminazione, nell’accesso al beneficio, basata sulla sola cittadinanza.

Si ricorda che in precedenza il cittadino italiano emigrato all’estero poteva godere delle agevolazioni, a prescindere dal requisito della residenza, in caso di acquisto di abitazione situata sull’intero territorio nazionale; inoltre, il contribuente emigrato all’estero per motivi di lavoro poteva godere delle agevolazioni, a prescindere dal requisito della residenza, se l’immobile acquistato si trovava nel Comune in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto dal quale l’acquirente dipende.

Pertanto, la nuova formulazione della norma recata dal decreto “Salva-infrazioni” - che è appunto intervenuto sull’applicazione dell’agevolazione prima casa per coloro che si vedono costretti ad emigrare all’estero -, non contiene più alcun riferimento alla cittadinanza e dispone che l’acquirente trasferito all’estero per ragioni di lavoro, che abbia risieduto o svolto la propria attività in Italia per almeno 5 anni, può accedere al beneficio “prima casa” a condizione che l’immobile acquistato sia ubicato “nel comune di nascita o in quello in cui aveva la residenza o svolgeva la propria attività prima del trasferimento”. 

A questo proposito, l’Agenzia Entrate rileva che il riferimento al rapporto di lavoro va inteso come riferito a “qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro” e non necessariamente di tipo subordinato, specificando che il rapporto di lavoro deve sussistere già al momento dell’acquisto dell’immobile. Ne segue che non è quindi agevolato l’acquisto della prima casa effettuato in antecedenza al trasferimento per ragioni di lavoro.

Per quanto concerne invece il requisito attinente al legame con l’Italia per i 5 anni anteriori al trasferimento, l’Amministrazione finanziaria precisa che l’attività resa in Italia nei 5 anni precedenti, potrebbe anche essere priva di remunerazione e che il quinquennio non deve essere necessariamente continuativo.