Omesso riscontro alle istanze di accesso ai dati personali. Attenzione perchè scatta la sanzione
Il Garante per la protezione dei dati personali ha multato due aziende, in quanto non avevano dato riscontro, tempestivo e motivato, alle istanze di accesso ai dati personali (ex articolo 15 Regolamento n. 679/2016) presentate da loro dipendenti ed ex dipendenti.
Le aziende avevano completamente omesso la risposta alle istanze, senza nemmeno premurarsi di negare, con motivazione la richiesta oppure di rimandare l’accesso.
Il primo provvedimento è stato emesso a seguito della presentazione dei reclami trasmessi al Garante da parte di 50 dipendenti che si erano rivolti alla loro azienda datrice di lavoro, chiedendo di aver accesso ai propri fascicoli personali, alle buste paga e a una serie di informazioni relative al trattamento dei dati per il calcolo delle buste paga stesse senza ottenere alcuna risposta.
Alla richiesta di spiegazioni del Garante, la società aveva risposto di non aver dato riscontro alle istanze per non danneggiare il proprio diritto di difesa in giudizio. Tra la società e i lavoratori, infatti, erano in corso diversi procedimenti giudiziari relativi all’accantonamento e alle modalità di calcolo della liquidazione.
La società, inoltre, dichiarava che i dipendenti avrebbero potuto conoscere i propri dati retributivi accedendo in autonomia alla piattaforma informatica dedicata.
L’Autorità ha chiarito, invece, che la società avrebbe dovuto, comunque, rispondere alle istanze dei dipendenti, precisando il motivo del diniego, nonché la possibilità di presentare reclamo al Garante o ricorso all’autorità giudiziaria. La società, inoltre, avrebbe dovuto fornire riscontro anche riguardo ai dati già nella disponibilità dei lavoratori, specificando che, attraverso la piattaforma informatica, si poteva accedere alle informazioni richieste.
Il Garante, pertanto, ha ingiunto alla società di fornire preciso riscontro alle istanze e per le violazioni rilevate ha comminato alla società una sanzione di 100mila euro.
Nel secondo caso, invece, l’Autorità è intervenuta a seguito del reclamo presentato da un ex dipendente, il quale lamentava il fatto che l’azienda, ex datrice di lavoro, non aveva fornito risposta ad una sua richiesta di copia dei documenti riferiti al proprio rapporto di lavoro.
In tale circostanza, l’azienda, interrogata dall’Autorità Garante, aveva evidenziato di non aver dato riscontro all’istanza, in quanto redatta in maniera molto ampia e generica, inviando i documenti al dipendente solo quando il Garante aveva aperto l’istruttoria e comunque, dal momento dell’invio della richiesta erano trascorsi ben sei mesi, un termine molto più lungo rispetto al limite di trenta giorni concesso dal Regolamento n. 679/2016 al titolare del trattamento per rispondere alle istanze di esercizio dei diritti da parte degli interessati.
L’Autorità ha pertanto ricordato che le risposte devono essere tempestive, motivate, chiare e puntuali e ha multato l’azienda con una sanzione di 40 mila euro.