Studio associato: rilevanza reddituale dell’acquisto di crediti da bonus fiscali
Con la Risposta a interpello 30 novembre 2023, n. 472, in tema di acquisto di crediti d'imposta da bonus fiscali, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sulla rilevanza fiscale del “provento” generato dalla differenza tra il corrispettivo pagato per l’acquisizione e il valore nominale del credito d’imposta.
La fattispecie
Nel caso in esame, uno Studio Associato – svolgente attività di ''Servizi forniti da dottori commercialisti'' nella forma giuridica di associazione professionale, assoggettando i propri redditi ad imposizione fiscale ai sensi del combinato disposto dagli art. 53 e 5, comma 3, lett. c), del TUIR - intende acquistare dei crediti d'imposta per bonus edilizi di cui agli art. 119 e 121 del D.L. n. 34/2020 (decreto Rilancio, legge n. 77/2020) non riconducibili allo svolgimento di prestazioni professionali rese dallo Studio e/o da soggetti allo stesso associati, per un prezzo inferiore al valore nominale degli stessi crediti.
Lo Studio chiede quindi chiarimenti in merito alla qualificazione fiscale del ''differenziale positivo'' conseguente al pagamento di un corrispettivo inferiore al valore dei crediti.
Soluzione delle Entrate
Con la Risposta all’interpello in esame, l’'Agenzia delle Entrate ricorda preliminarmente in argomento il presupposto impositivo sancito dall’art. 1 del TUIR, basato sul possesso di redditi in denaro o in natura nonché la disciplina fiscale delle associazioni professionali costituite tra persone fisiche, assimilate dall’art. 5, comma 3, lett. c), del TUIR alle società semplici. Tale analogia comporta che le associazioni professionali non possono svolgere attività d'impresa e che il proprio reddito imponibile, costituito dalla somma delle singole categorie di reddito indicate nell’art. 6 del TUIR, identificate in ragione della loro fonte di produzione, sia imputato per trasparenza, ai sensi dello stesso art. 5 TUIR, in capo a ciascun socio.
Inoltre, l’Agenzia Entrate riepiloga le disposizioni normative e della prassi intervenute sul tema di bonus edilizi, incluse quelle sull’opzione della cessione del credito e dello sconto in fattura al posto dell’utilizzo diretto, ai sensi dell’art. 121 del decreto Rilancio.
Al riguardo viene rilevato che già con l'introduzione di tale beneficio fiscale, il legislatore ha inteso riconoscere ai contribuenti un'agevolazione, sotto forma di detrazione dall'imposta lorda, di ammontare superiore ai costi sostenuti senza, tuttavia, prevedere alcuna rilevanza reddituale del differenziale positivo riferibile al Superbonus (pari al 10% delle spese medesime).
In relazione alla cessione del credito, la norma ne prevede l’utilizzo in compensazione (ex art. 17 D. Lgs. n. 241/1997), con la stessa ripartizione in quote annuali adottata con la detrazione, stabilendo che l'eventuale quota di credito d'imposta non utilizzata nell'anno non può essere usufruita negli anni successivi, né può essere richiesta a rimborso.
Anche con riferimento a tale istituto, il legislatore non ha disposto in merito alla rilevanza reddituale del differenziale "positivo" derivante dall'acquisto del predetto credito a un valore inferiore a quello nominale prevedendo, coerentemente, l'irrilevanza dell'eventuale differenziale "negativo" derivante dal mancato utilizzo del credito in compensazione, atteso che non è possibile riportare "in avanti" o chiedere il rimborso dell'eventuale quota di credito d'imposta non utilizzata in ciascun anno.
Pertanto, in assenza di una specifica disposizione in tal senso, la rilevanza reddituale di tale differenziale va ricercata in applicazione delle regole generali di tassazione del reddito.
Per quanto concerne le persone fisiche non titolari di reddito di impresa nonché le associazioni costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni occorre valutare se tale differenziale positivo rientri in una delle categorie reddituali di cui al richiamato art. 6 del TUIR.
Quindi, in assenza di una espressa previsione normativa, volta ad attribuire rilevanza reddituale all'eventuale differenziale positivo tra l'importo nominale del credito e il prezzo di acquisto dello stesso, e stante la non riconducibilità di tale differenziale in una delle categorie reddituali previste dal TUIR, l’acquisto non genera, in linea di principio, reddito imponibile in capo allo Studio Associato istante.