Compensi reversibili amministratore: deducibilità del costo e ritenute nel pagamento
Con la Risposta ad Interpello n. 330 del 22 maggio 2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito ai compensi reversibili percepiti dai collaboratori coordinati e continuativi tra i quali rientrano i consiglieri di amministrazione.
Nell’interpello sono coinvolte due consociate facenti parte di un gruppo: la società UE e la società italiana. Il signor Tizio, dipendente della società UE, ha svolto incarico di Consigliere di Amministrazione per la società italiana. La società UE ha un accordo con il dipendente in questione sulla base del quale questo debba riversare qualsiasi compenso a lui spettante in qualità di amministratore delle altre società del gruppo.
Per l'esercizio 2021, il compenso lordo spettante al Consigliere di Amministrazione è stato corrisposto direttamente alla consociata UE, come espressamente richiesto dalla stessa. I dubbi che originano l’interpello riguardano il corretto trattamento fiscale del compenso di amministratore (da riversare alla società consociata UE), sia con riguardo alla deducibilità del costo, sia in relazione all'eventuale ritenuta da operare all'atto del pagamento del compenso alla società UE.
In merito ai compensi reversibili, l'art. 51, c.2, lett.e), del TUIR dispone che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente i compensi reversibili di cui alle lett. b) ed f) del c. 1 dell'art. 50 del TUIR.
Sul tema, il paragrafo 2.2.5 della Circolare del Ministero delle Finanze 23 dicembre 1997, n. 326 ha chiarito che i compensi reversibili richiamati dal citato art. 51 non solo non costituiscono reddito assimilato a quello dipendente, ma non devono essere assoggettati a tassazione neanche quali redditi di lavoro dipendente, in quanto sono imputati direttamente al soggetto al quale, per clausola contrattuale, devono essere riversati.
Il Ministero delle Finanze, con Nota n. 8/166 del 17 maggio 1977, ha riconosciuto che non concorrono alla determinazione del reddito complessivo soggetto all'IRPEF ''i compensi reversibili percepiti dai collaboratori coordinati e continuativi tra i quali rientrano i consiglieri di amministrazione. E ciò in base al principio generale secondo cui non si configurano quale reddito imponibile di un soggetto le somme di cui egli non ottenga in alcun modo la disponibilità''. Ciò a condizione che ''risulti documentato l'effettivo riversamento alle società ed enti destinatari dei compensi medesimi'' (cfr. anche Nota n. 8/196 del 1980).
Nel caso specifico oggetto di interpello, non vi è un vero e proprio riversamento da parte del prestatore di lavoro in favore del proprio datore di lavoro, poiché il pagamento riferibile al lavoro prestato dall’amministratore è effettuato direttamente tra le due società consociate e per tale motivo, dev’essere inquadrato come reddito d'impresa.
Ai fini convenzionali e nel presupposto, dichiarato dalla società istante e non verificabile in sede di interpello, che la consociata UE non abbia una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i compensi erogati dalla società italiana alla consociata UE sono qualificabili come reddito d'impresa in capo a quest'ultima e tassabili esclusivamente nello Stato di residenza. Coerentemente, sono costi deducibili in capo alla società italiana, secondo il criterio generale di competenza di cui all'art. 109 del TUIR.
Nel caso esaminato inoltre, non essendo effettuato il pagamento direttamente al dipendente non si realizza la potestà impositiva concorrente per le retribuzioni che un residente di uno Stato contraente riceve come membro del consiglio di amministrazione o del collegio sindacale di una società residente nell'altro Stato contraente. Ne deriva l'insussistenza di un obbligo, in capo alla società italiana, di effettuare la ritenuta a titolo d'imposta, all'atto del pagamento della somma.