Rimborso dell’IVA erroneamente versata in Italia per le vendite a distanza di beni in altri Stati UE
Per le vendite a distanza di beni a favore di privati consumatori di altri Stati UE effettuate fino al 30 giugno 2021, erroneamente assoggettate a IVA in Italia, è possibile chiedere il rimborso dell’imposta entro il termine di due anni dalla notifica dell’atto impositivo da parte della competente Autorità fiscale estera.
È quanto ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 299 del 19 aprile 2023 in merito alle modalità di recupero dell’IVA erroneamente addebitata in Italia per le vendite a distanza intracomunitarie di beni verso privati consumatori che, in quanto effettuate per un importo superiore alla soglia annua, sono imponibili nello Stato membro di destinazione dei beni.
Il diritto di rimborso è previsto dall’art. 11-quater, comma 2, del D.L. n. 35/2005, che prevede la possibilità, per il soggetto passivo italiano, di chiedere la restituzione dell’IVA assolta in Italia entro il termine di due anni dalla notifica dell’atto impositivo da parte della competente Autorità fiscale estera.
Nel caso di specie, una società americana, che opera ai fini IVA in Italia tramite un rappresentante fiscale, fino al 1° luglio 2021 ha effettuato vendite a distanza di beni in altri Stati membri applicando l’imposta indipendentemente dalla competenza territoriale delle stesse.
Le Autorità fiscali danese hanno contestato la mancata nomina del rappresentante fiscale in Danimarca, nonostante la società avesse ivi effettuato vendite a distanza - nel periodo considerato, compreso tra il 1° ottobre 2018 ed il 30 giugno 2021 - per un importo superiore al limite annuale di 280.000 corone danesi.
L’istante, che dal 1° luglio 2021 si avvale del regime OSS (One Stop Shop), ha riferito che, in conseguenza di tale accertamento, divenuto definitivo, ha provveduto a corrispondere, a favore dello Stato danese, l’importo richiesto mediante un pagamento rateale ancora in corso di esecuzione.
In considerazione del divieto di duplicazione dell’imposta, l’istante ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se sia possibile presentare istanza di rimborso, nel termine di due anni dalla notifica dell’atto impositivo danese, ai sensi di quanto previsto dall’art. 30-ter, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972.
Nella risposta n. 299/2023 in commento, l’Agenzia ha precisato che l’art. 11-quater, comma 2, del D.L. n. 35/2005, soppresso con effetto dal 1° luglio 2021, consente di chiedere il rimborso dell’IVA erroneamente applicata in Italia alle vendite a distanza effettuate fino al 30 giugno 2021, imponibili nello Stato membro di destinazione dei beni, purché l’imposta sia stata effettivamente versata all’altro Stato membro, come avvenuto nella specie.
L’Ufficio competente a ricevere la richiesta di rimborso, tenuto conto che l’istante è una società americana con rappresentante fiscale in Italia, è l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate del domicilio fiscale del rappresentante e, inoltre, ai fini dell’erogazione del rimborso dell’IVA versata in eccesso, non è richiesta la garanzia, prevista esclusivamente per i rimborsi delle eccedenze a credito emergenti dalle dichiarazioni IVA annuali e trimestrali, al verificarsi delle ipotesi di rischio di cui all’art. 38-bis, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972, ma non anche con riferimento al rimborso disciplinato dall’art. 30-ter del medesimo D.P.R. n. 633/1972.