Incompatibilità del regime forfettario con quello sui lavoratori impatriati
L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta a interpello 6 febbraio 2023, n. 190, ha fornito chiarimenti in merito a due regimi di tassazione agevolata, il regime forfettario e il regime impatriati.
L’interpello
In particolare, nel caso in esame, un contribuente dichiara di aver trasferito all'estero, a decorrere dal periodo d'imposta 2014, la propria residenza ed il proprio domicilio senza, tuttavia, iscriversi all'AIRE e di essere stato residente ai fini fiscali all'estero ove ha frequentato un Master post lauream nei due periodi d'imposta precedenti il rientro in Italia, avvenuto nel 2020.
In seguito a tale ultima evenienza, l’istante usufruisce attualmente del c.d. ''regime forfetario'' previsto dall'art. 1, commi da 54 a 89, della legge n. 190 del 2014, n. 190.
Dichiara altresì di aver ricevuto informalmente proposta di essere nominato membro del CdA di alcune società facenti parte di un gruppo societario, e chiede delucidazioni circa la possibilità di beneficiare, con particolare riferimento ai compensi che andrebbe eventualmente a percepire qualora accettasse tale incarico, del ''regime speciale per lavoratori impatriati'' ex art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015.
Soluzione delle Entrate
Con la Risposta in oggetto, l'Agenzia delle Entrate chiarisce che non è applicabile il regime agevolato di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 (previsto per i lavatori “impatriati”) al soggetto che trasferendo la residenza fiscale in Italia ha già optato – e, quindi, già fruisce di un'altra agevolazione fiscale – per il regime forfetario recato dall’art. 1, commi 54 – 89, della legge n. 190/2014.
In linea con la finalità del decreto Internazionalizzazione (D.Lgs. n. 147/2015) - inteso ad agevolare i soggetti che si trasferiscono in Italia per svolgervi la loro attività -, il ''regime speciale per lavoratori impatriati'' risulta applicabile ai soli redditi - di lavoro dipendente, assimilati a quelli di lavoro dipendente e di lavoro autonomo - che, prodotti nel territorio dello Stato, concorrono alla formazione del reddito complessivo del contribuente secondo le ordinarie disposizioni del TUIR.
L'adesione al ''regime forfetario'' di cui all'art. 1, commi da 54 a 89, della legge n. 190/2014 (che rappresenta il regime ''naturale'' delle persone fisiche che esercitano un'attività di impresa, arte o professione in forma individuale), comporta, invece, la determinazione del reddito imponibile secondo criteri ''forfetari'', applicando all'ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il coefficiente di redditività in misura diversificata a seconda del codice ATECO che contraddistingue l'attività esercitata, sul quale viene poi operata un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell'IRAP pari al 15%.
Ciò implica, pertanto, che, per espressa previsione normativa, tale reddito non concorre alla formazione del reddito complessivo.
Al riguardo, l’Agenzia richiama la Circolare n. 33/E/2020, con la quale è stato chiarito che 'il contribuente che rientra in Italia per svolgere un'attività di lavoro autonomo beneficiando del regime forfetario non potrà avvalersi del regime previsto per i lavoratori impatriati, in quanto i redditi prodotti in regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo. Resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di rientrare in Italia per svolgere un'attività di lavoro autonomo, beneficiando, in presenza dei requisiti, del regime fiscale previsto per gli impatriati, laddove venga valutata una maggiore convenienza nell'applicazione di detto regime rispetto a quello naturale forfetario.
Dunque, per le ragioni dianzi dette, il contribuente che al rientro in Italia ha optato per il regime forfetario nei periodi d’imposta 2020 e 2021 non potrà fruire delle misure di favore per i lavoratori impatriati fino al compimento del quinquennio potenzialmente agevolabile (ossia dal 2022 al 2024), per i compensi derivanti dall’accettazione dell’incarico proposto.