Fisco

Non soggetto a IVA il risarcimento del danno per inadempimento contrattuale


In caso di accordo finalizzato alla determinazione del danno da ristorare, se le parti si sono date reciprocamente atto dell’intervenuta risoluzione contrattuale, la somma di denaro che la parte inadempiente è tenuta a corrispondere a titolo di risarcimento del danno subìto non è causalmente collegata ad alcuna operazione ed è, quindi, esclusa dal campo di applicazione dell’IVA.

A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 588 del 15 dicembre 2022, che ha preso in considerazione il caso in cui, a seguito della stipula di un accordo tra tre società, una di esse, dopo l’incorporazione in altra società, non è stata più in grado di eseguire le obbligazioni contrattuali, con la conseguente definizione di una somma che l’inadempiente deve corrispondere a titolo di risarcimento del danno subìto dalle controparti.

Si è trattato, pertanto, di stabilire la natura giudica delle somme in oggetto, che possono qualificarsi, in via alternativa, come il corrispettivo di una prestazione ricevuta, ovvero come il risarcimento per inadempimento o irregolarità nell’adempimento di obblighi contrattuali, in quest’ultimo caso escluse dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 15, comma 1, n. 1), del D.P.R. n. 633/1972.

In merito all’applicazione di tale disposizione, la prassi amministrativa ha già avuto modo di chiarire che il presupposto dell’esclusione dalla base imponibile dell’IVA è l’esistenza di un risarcimento in senso proprio, dovuto a ritardi o inadempimento di obblighi contrattuali (risoluzione n. 73/E/2005). Inoltre, le somme corrisposte a titolo di penale per violazione di obblighi contrattuali non costituiscono il corrispettivo di una prestazione di servizio o di una cessione di un bene, ma assolvono una funzione punitivo-risarcitoria, con la conseguenza che dette somme sono escluse dall’ambito di applicazione dell’imposta (risoluzione n. 64/E/2004).

Con specifico riguardo all’ipotesi della risoluzione del contratto per mancata esecuzione della prestazione, è stato ulteriormente precisato che, ai sensi dell’art. 1453 c.c. l’inadempimento delle obbligazioni nei contratti a prestazione corrispettiva può comportare la risoluzione del contratto e, in ogni caso, il riconoscimento del danno e che, in tali casi, deve essere riconosciuta la natura giuridica di risarcimento convenzionale del danno commisurato al valore della prestazione non eseguita. Tenuto, inoltre, conto che l’art. 15, comma 1, n. 1), del D.P.R. n. 633/1972 prevede l’esclusione dal computo della base imponibile delle somme corrisposte a titolo di penalità per ritardi o altre irregolarità, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che le somme che non vengono corrisposte a fronte di cessioni di beni o prestazioni di servizi sono escluse dal campo di applicazione dell’IVA (R.M. n. 550293/E/1989).

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che la somma di denaro che la parte inadempiente è tenuta a corrispondere a titolo di risarcimento del danno subìto non è causalmente collegata ad alcuna operazione, con la conseguenza che la stessa, rivestendo natura risarcitoria, deve considerarsi esclusa dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi del citato art. 15, comma 1, n. 1), del D.P.R. n. 633/1972.

Del resto, lo scopo dell’accordo è la determinazione del danno da ristorare, atteso che le parti si sono date reciprocamente atto dell’intervenuta risoluzione contrattuale ai sensi dell’art. 1453 c.c.