Fisco

Rimborso IVA in ipotesi di cessione d'azienda


Con la Risposta a interpello 24 agosto 2022, n. 432, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sul soggetto legittimato a presentare la richiesta di rimborso IVA in ipotesi di cessione d’azienda.

L’interpello 

Nell’interpello in esame, una società inglese, avente causa nella cessione di ramo d'azienda, registrata ai fini IVA in Italia dal 2011 a seguito dell’avvenuta cessione, rappresenta che acquistava materie prime presso fornitori nazionali, comunitari ed extra-comunitari e ne commissionava la trasformazione in prodotti finiti ad un'altra società del gruppo stabilita in Italia. I prodotti finiti ottenuti venivano venduti in Italia alla cessionaria addebitando l'IVA - in regime di imponibilità - secondo l'aliquota al tempo in vigore. La cessionaria, a sua volta, cedeva - in regime di non imponibilità ex artt.  41 del D.L. n. 331/1993 e 8 del D.P.R. n. 633/1972 – i prodotti finiti a clienti finali stabiliti sia in altri Stati comunitari che extra UE.

Di conseguenza, la cessionaria ha maturato, nell'anno d'imposta 2007, un credito IVA chiesto a rimborso nel 2008 ma mai rimborsato.

Nel 2012, l'Agenzia Entrate ha notificato alla cessionaria avviso di accertamento recuperando l'IVA indebitamente detratta sugli acquisti considerati imponibili, riferiti alle operazioni che hanno dato luogo a triangolazioni nazionali ed esportazioni triangolari. Ne seguiva il diniego del rimborso.

Impugnato l'atto impositivo, nel 2021 la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell'Amministrazione finanziaria affermando definitivamente che la cessionaria non aveva diritto a detrarre l’IVA, tributo che veniva versato nel 2022.

Nel 2011 la cedente ha siglato con l'interpellante un contratto di cessione di ramo d'azienda avente ad oggetto attività di “procurement” e forniture di materie prime esercitate in diversi Stati, tra cui l'Italia, subentrando in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi della cedente; di conseguenza, la cedente ha cessato di svolgere attività rilevante ai fini IVA in Italia, chiudendo la partita IVA italiana.

Tenuto conto della cessione del ramo d'azienda, l'istante chiede chi sia il soggetto titolato al recupero dell'IVA addebitata per errore dalla cedente nei confronti della cessionaria e da quest'ultima restituita all'Erario perché indebitamente detratta.

 

La soluzione delle Entrate

Nella Risposta, l’Agenzia delle Entrate argomenta che la cessione di un ramo d’azienda è un’operazione straordinaria nella quale si determina una situazione di continuità tra i contribuenti interessati.

Al riguardo, l’art. 16, comma 11, lett. a), della legge  n. 537/1993, prevista per le operazioni di scissione ed applicabile anche alle cessione di ramo d’azienda, stabilisce che gli obblighi e i diritti derivanti dall’applicazione dell’IVA, relativi alle operazioni realizzate tramite le aziende o i complessi aziendali trasferiti, sono assunti dalle società beneficiarie del trasferimento.

Ne consegue che, nelle ipotesi di cessione d’azienda o di uno o più rami aziendali, che abbiano comportato l’estinzione del dante causa, il cessionario deve assolvere tutti gli adempimenti, agli effetti dell’IVA, successivi alla data di cessione.

Con tale successione, a norma dell'art. 30-ter, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, il cedente può presentare la domanda di rimborso dell’IVA non dovuta, accertata definitivamente, entro due anni dalla restituzione, in via civilistica, al cessionario e/o committente. In particolare, per motivi di cautela fiscale e per evitare un indebito arricchimento del cedente/prestatore, il rimborso dell’IVA indebitamente versata è strettamente collegato alla restituzione al cessionario/committente di quanto erroneamente addebitato ed incassato a titolo di rivalsa. I due anni entro i quali presentare la richiesta di rimborso dell’IVA non dovuta decorrono, infatti, dal momento in cui avviene la restituzione al cessionario/committente della medesima somma da lui versata per effetto di accertamento definitivo.