Domicilio fiscale del non residente nella sede di svolgimento dell'attività professionale in italia
Con la risposta a interpello 16 agosto 2022, n. 429, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sull'apertura della Partiva IVA da soggetto non residente con attività professionale in Italia.
La fattispecie
Il caso riguarda una cittadina italiana residente nel Regno Unito e iscritta all’AIRE, intenzionata a svolgere un’attività libero-professionale in Italia senza averla svolta prima nel Paese estero di residenza.
Il quesito è se può indicare all’apertura della Partita IVA in Italia la sede di svolgimento dell’attività professionale come domicilio fiscale.
Soluzione delle Entrate
Nessun ostacolo alla soluzione positiva alla richiesta, come anche prospettato dalla contribuente nella soluzione interpretativa proposta, secondo cui è possibile fissare, all'apertura della Partita IVA in Italia il domicilio fiscale nella sede di svolgimento della propria attività professionale.
Infatti, le Entrate riconoscono l’intenzione della contribuente di costituire nel territorio italiano il «centro dei propri interessi» e di svolgere l’attività lavorativa in tale luogo.
In particolare, si sottolinea come, in ambito comunitario, l'art. 9, paragrafo 1, della Direttiva 2006/112/CE, considera "soggetto passivo" chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un'attività economica, indipendentemente dallo scopo e dai risultati di detta attività. Si considera "attività economica" ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi caratteri di stabilità.
A tale mormativa si uniformano le norme nazionali in tema di soggettività IVA, attribuendo la natura di soggetto passivo IVA a colui che, nell'esercizio d'impresa, arti o professioni, effettua le cessioni di beni o le prestazioni di servizi rilevanti nel territorio dello Stato (artt. 4 e 5 D.P.R. n. 633/1972).
Inoltre, si sottolinea come, conformemente a quanto stabilito dall’art. 7, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633/1972, chi presta servizi professionali si considera soggetto passivo nel territorio dello Stato se, in Italia:
- è domiciliato, anche se residente all’estero;
- risulta residente, senza essere domiciliato all’estero;
- possiede una stabile organizzazione, anche se è domiciliato o residente all’estero.
L’Agenzia Entrate afferma quindi che la residenza “è determinata dall’abituale volontaria dimora di una persona in un dato luogo”, mentre il domicilio costituisce una situazione giuridica, caratterizzata dalla volontà di stabilire in un determinato sito il centro dei propri affari, prescindendo “dalla presenza effettiva” in detto luogo (v. Circolare n. 304/1997).
Ciò posto, all’assunto che l’istante intende costituire nel territorio dello Stato la sede dei propri interessi, la residenza in un Paese terzo non osta alla possibilità di considerare tale soggetto alla stregua di una persona fisica residente.
Conseguentemente, non svolgendo nel Paese di residenza alcuna attività, secondo le Entrate la contribuente potrà presentare il modello AA9/12 per richiedere l’apertura della Partita IVA in Italia, indicando il proprio domicilio fiscale, ossia il luogo dove l’attività lavorativa verrà svolta.
Sotto il profilo delle imposte dirette, l’Agenzia Entrate evidenzia che, a fronte della costituzione della base fissa in Italia, i redditi di lavoro autonomo ad essa riconducibili sono assoggettati ad imposizione concorrente, fatta salva la fruizione del credito d’imposta nello Stato di residenza.