Fisco

Lavoro dipendente all'estero con associazione non lucrativa: no alle retribuzioni convenzionali


Con la Risposta a interpello 31 gennaio 2022, n. 54, l’Agenzia delle Entrate si occupa della valutazione dell’applicabilità delle "retribuzioni convenzionali" in caso di attività di lavoro dipendente all'estero svolta in modo continuativo e con oggetto esclusivo del rapporto di lavoro subordinato con una associazione senza scopo di lucro.

 

Il caso 

L’interpello in esame riguarda un cittadino italiano iscritto all'AIRE che nel 2020 aveva la residenza fiscale in Italia e dal 2016 aveva lavorato all’estero in via continuativa e con rapporto di lavoro dipendente esclusivo a favore di un’associazione senza scopo di lucro, con sede in un diverso Paese dell’Unione Europea.

Secondo l'ordinamento giuridico del Paese di residenza, tale associazione viene catalogata tra le "Organizzazioni che forniscono servizi e sostegno alle imprese e ai lavoratori autonomi".

Nel 2020, l'istante ha lavorato da dipendente nello Stato estero con l’indicata associazione, nel settore delle "prestazioni di servizi", per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco dei 12 mesi (qualifica "Quadro aziendale" nel ruolo di "Direttore Tecnico", poi divenuto "Direttore Regolamenti Tecnici").

L’istante interroga l'Amministrazione finanziaria sulla possibilità che la propria posizione lavorativa possa essere classificata nel settore "Commercio" di cui alle tabelle del decreto del Ministero del lavoro dell'11 dicembre 2019 ai fini dell'applicabilità al suo caso delle  retribuzioni convenzionali per l'anno d'imposta 2020, in considerazione del CCNL a lui applicabile ricomprendente unitariamente le attività di "Commercio" e "Servizi"".

La normativa

Si premette che l’art. 51 del TUIR disciplina la modalità di determinazione del reddito da lavoro dipendente, il cui comma 8-bis disciplina le modalità di determinazione del reddito del lavoratore che presti continuativamente lavoro all'estero, prevedendo che «In deroga alle disposizioni dei commi da 1 a 8, il reddito di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell'arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all'art. 4, comma 1, del D.L. 31 luglio 1987, n.317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398.» .

Il citato art. 4 dispone che tali retribuzioni sono fissate entro il 31 gennaio di ogni anno e sono determinate con riferimento e comunque in misura non inferiore al trattamento economico minimo previsto dai CCNL di categoria raggruppati per settori omogenei.

Detto criterio di determinazione del reddito, che si rivolge a quei lavoratori che, pur svolgendo l'attività lavorativa all'estero, continuano ad essere qualificati come residenti fiscali in Italia (art. 2, comma 2, del TUIR), comporta che il reddito derivante dal lavoro dipendente prestato all'estero è assoggettato a tassazione assumendo come base imponibile la retribuzione convenzionale fissata dal predetto decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, senza tener conto della retribuzione effettivamente corrisposta al lavoratore.

La soluzione delle Entrate

Con la risposta all’interpello in esame, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che non è applicabile il regime delle retribuzioni convenzionali di cui all’art. 51, comma 8-bis, del TUIR allorquando il settore economico nel quale viene svolta l'attività da parte del dipendente non sia previsto nel decreto Ministeriale con il quale sono determinate, per l’anno di riferimento, le predette retribuzioni.

A tal fine l’Agenzia ha rilevato che, per l'anno 2020, i settori previsti nel decreto Ministeriale con riferimento alla qualifica di "Quadro" erano quelli di "Industria", "Industria edile", " Autotrasporto e spedizione merci", "Credito", "Agricoltura", "Assicurazioni", " Commercio" e "Trasporto aereo".

Nel caso di specie, non era possibile ricondurre l'attività svolta ad una di quelle previste dal citato decreto e, in particolare, nell'ambito del settore "Commercio ", posto che il datore di lavoro estero era un'associazione senza scopo di lucro "essenzialmente scientifica e di utilità internazionale", che secondo l'ordinamento giuridico del paese di residenza, è catalogata tra le "Organizzazioni che forniscono servizi e sostegno alle imprese e ai lavoratori autonomi".