La stabile organizzazione che diventa sede dell'attività non cambia partita IVA
Fermo restando che, a condizione di reciprocità, il trasferimento della sede legale in Italia di un soggetto estero può avvenire in continuità giuridica, senza generare alcuna estinzione o liquidazione, la società trasferita subentra nella partita IVA già attribuita alla sua stabile organizzazione italiana.
A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 800 del 3 dicembre 2021.
Il caso esaminato si riferisce ad una società estera che, in quanto autorizzata alla somministrazione temporanea dei lavoratori, ha ottenuto il riconoscimento a somministrare il personale anche sul territorio italiano, ivi costituendo una stabile organizzazione per adempiere ai connessi obblighi fiscali e contributivi.
L’istante intende trasferire la propria sede legale in Italia e, a tal fine, ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se sia necessario sostituire la partita IVA attribuita alla stabile organizzazione. In caso positivo, come auspicato anche dall’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), risulterebbe possibile il passaggio all’interno dell’albo nazionale dei soggetti accreditati ai servizi per il lavoro, da semplice “riconoscimento a somministrare il personale” ad “autorizzazione a somministrare il personale”.
Come già specificato dalla risoluzione n. 9/E/2006, dal punto di vista civilistico, il trasferimento della sede legale in Italia di un soggetto estero può avvenire in continuità giuridica, senza generare alcuna estinzione o liquidazione, purché tale continuità sia riconosciuta anche nello Stato estero di provenienza e, quindi, il trasferimento della sede legale all’estero non costituisca in detto Paese un evento estintivo.
Pertanto, una volta appurata la possibilità di nazionalizzare la società estera in regime di continuità, e fatti salvi gli effetti ai fini dell’imposizione diretta e indiretta di tale operazione di riorganizzazione aziendale transfrontaliera, l’Agenzia delle Entrate ha specificato che non si ravvisano particolari impedimenti all’utilizzo, da parte della società trasferita, della partita IVA già attribuita alla sua stabile organizzazione in Italia, previa la comunicazione delle eventuali modifiche da eseguire ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. n. 633/1972.
È il caso di osservare, infine, come tale soluzione sia in linea con quanto chiarito nelle risposte n. 73/E/2018 e n. 336/E/2020, laddove, specularmente, è stata ammessa la possibilità, per una stabile organizzazione di una società italiana trasferitasi all’estero, di continuare ad operare in continuità in Italia con il codice fiscale e la partita IVA già appartenuti alla società.