Contenzioso tributario

Bonifico ai figli: le somme sono fiscalmente rilevanti se non c'è prova contraria


22 Novembre 2021 


editorialdi

Si presume tassabile, fino a prova contraria, il denaro accreditato dal padre con bonifico sul conto corrente del figlio. 
E’ questo quanto in definitiva ha stabilito, aderendo all’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione nelle sentenze n. 5135/2017 e n. 11102/2017, la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte con una recente sentenza, (sentenza del 6 Ottobre 2021 n. 773) con cui i giudici tributari hanno respinto l’appello principale di una contribuente e quello incidentale dell’Ufficio delle Entrate.


Nel caso di specie, il collegio ha ritenuto che la contribuente, la quale aveva ricevuto somme di denaro dal padre via bonifico bancario, non avesse fornito la prova necessaria a superare la presunzione di legge, né che l’atto fosse configurabile come atto di liberalità, escluso sia dalla causale “restituzione” del bonifico, che dalla ricostruzione dei fatti prospettata.

I fatti

Una contribuente aveva impugnato un avviso di accertamento con cui le veniva contestato un maggior reddito imponibile derivante, a detta dell’Agenzia delle entrate, da alcune operazioni di accredito di somme di denaro intervenute sul suo conto corrente, per le quali veniva conseguentemente applicata la presunzione che si trattasse di redditi non denunciati.
Il primo ricorso davanti alla CTP.

La C.T.P. di Torino, alla quale la contribuente si era rivolta avverso tale avviso, pronunciandosi per ben due volte sulla vicenda, stante una prima declaratoria di inesistenza della notifica al difensore della contribuente a comparire all'udienza di discussione del primo ricorso, accoglieva parzialmente la domanda, rigettandola in relazione ad un cospicuo bonifico effettuato dal padre della contribuente in suo favore.

La pronuncia di seconde cure

Avverso tale sentenza, la contribuente proponeva appello principale davanti alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, lamentando il mancato riconoscimento delle giustificazioni addotte relativamente al bonifico di elevato importo che ella aveva ricevuto dal padre; mentre l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso incidentale, osservando che la contribuente non aveva fornito prova adeguata relativamente a quattro bonifici ritenuti giustificati dai giudici di primo grado.
I giudici tributari d’appello, tuttavia, hanno rigettato entrambi i ricorsi recando le seguenti motivazioni.
Innanzitutto, scrivono i giudici della CTR, i movimenti bancari possono essere utilizzati quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni imponibili, ai sensi degli artt. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 sia per dimostrare l'esistenza di un'eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare il reddito da essa ricavato, incombendo al contribuente l'onere di provare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni, non sono fiscalmente rilevanti (Cass. 28.2.2017, n. 5135; Cass. 5.5.2017, n. 11102).
Nel caso in esame, l'appellante principale si doleva che la CTP avesse ritenuto che il bonifico del padre, effettuato dal conto corrente intestato al fratello, sul quale il padre poteva operare, non avesse trovato adeguata giustificazione.
L’appellante sosteneva che le somme di denaro le erano state accreditate dal padre, in quanto somme precedentemente dalla stessa a lui versate perché questi le investisse al meglio.
I giudici però hanno ritenuto insufficiente tale spiegazione, in quanto non provata.

Non è stato dimostrato, infatti, scrivono i giudici, che la somma fosse stata trasmessa dalla figlia al padre perché la investisse né che i successivi bonifici dal padre alla figlia, ivi compreso quello oggetto di causa, avessero come causale la sua restituzione.
E nessuna rilevanza avevano, secondo i giudici, le vicende di liti familiari in base alle quali il padre non poteva rimanere intestatario di somme ingenti sul proprio conto corrente, fatti questi posti a motivazione della restituzione delle somme alla figlia.

Giova ricordare che è onere del contribuente fornire la prova del negozio sottostante le somme accreditate, prova che nel caso di specie è venuta a mancare.

Nelle proprie difese e nella discussione orale, la difesa dell'appellante insisteva sulla circostanza che, ritenendo non provata la ricostruzione dei fatti sopra esaminata, si sarebbe dovuti giungere a conclusione che il bonifico rappresentava una liberalità da padre a figlia, liberalità che in quanto tale sarebbe dovuta, comunque, essere ritenuta indenne da tassazione.
In proposito, però già i giudici di primo grado avevano osservato che l'esistenza di una donazione poteva ritenersi esclusa, in quanto non vi era prova che fossero state assolte le imposte di legge (non sul reddito, ma sull'atto).
Tale circostanza per la difesa dell'appellante non sarebbe però sufficiente, in quanto dovrebbe ritenersi operante una presunzione di liberalità trattandosi di rapporti tra padre e figlia.
In proposito, tuttavia, i giudici di secondo grado hanno precisato che di liberalità non poteva trattarsi sia perché proprio l'appellante aveva fornito una diversa spiegazione dei rapporti intercorsi tra padre e figlia, sia perché era pacifico in causa che il bonifico recasse come causale l'indicazione di "restituzione", evidentemente incompatibile con la sua qualificazione come liberalità.

Nulla di fatto, dunque, nessuna prova fornita nell’iter processuale è risultata per i giudici valida a vincere la presunzione di legge, pertanto, le somme versate con bonifico dal padre in favore della figlia, sono tassabili.