Sempre più Start up e PMI innovative in Italia. Ma è tutto oro quello che luccica?
E’ una fotografia rosea, ma forse solo apparentemente quella che emerge dai dati pubblicati da MISE sul numero di Start Up e PMI innovative presenti nel nostro Paese.
Secondo il report pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico, realizzato in collaborazione con Unioncamere e InfoCamere e il Rapporto del Fondo di Garanzia redatto in collaborazione con Mediocredito Centrale, in Italia il numero di start up innovative è in costante aumento.
Dai dati aggiornati al 1° ottobre 2021, infatti, emerge che le startup iscritte al registro delle imprese sono 14.032 e sono 540 unità in più rispetto al trimestre precedente (+3,3%), costituendo il 3,6% di tutte le società di capitali di recente costituzione.
Il 75,2% di startup innovative avviate nel nostro Paese fornisce servizi alle imprese in settori digitali (di cui il 37,9% nella produzione di software e consulenza informatica, il 14,2% attività di R&S, l’8,6% in attività di servizi d’informazione), il 16,4% operano nel manifatturiero e solo il 3,1% è attivo nel commercio.
Sono 2.600 le startup innovative a prevalenza giovanile (under 35). Si tratta di un dato di quattro punti percentuali superiore rispetto a quello riscontrato tra le nuove aziende non innovative (15,1).
Le startup innovative con una prevalenza femminile – ossia, in cui le quote di possesso e le cariche amministrative sono detenute in maggioranza da donne – sono 1.810, il 12,9% del totale, mentre quelle in cui almeno una donna è presente nella compagine sociale sono 5.989, il 42,7% del totale.
Forte sostegno alle start up innovative proviene dal Fondo di Garanzia per le PMI: dal 2013 al terzo trimestre 2021, il Fondo ha finanziato 6.074 startup, in alcuni casi, anche attraverso più prestiti, autorizzando 11.788 operazioni di finanziamento per quasi due miliardi di euro.
Il Fondo di garanzia ha fornito credito anche alle PMI innovative, finanziando 1.263 PMI innovative per un totale di finanziamenti di oltre un miliardo e trecento milioni di euro, con un incremento di circa 100 milioni di euro rispetto al trimestre precedente.
Dallo studio emerge che la crescita del numero di imprese innovative non riguarda solo il Nord.
Sebbene, infatti, la regione in cui si concentra il maggior numero di start up innovative resti la Lombardia con 3.755 startup innovative (26,8% del totale nazionale, in particolare la sola città di Milano pesa per il 18,8%), ad essa seguono il Lazio (con 1.633, startup, il 11,6% del totale) e la Campania (con 1.245 startup, il 8,9% del totale).
Il primato per la maggiore concentrazione di imprese innovative invece tocca al Trentino-Alto Adige, dove circa il 5,9% di tutte le società costituite negli ultimi 5 anni è una startup.
Alla crescita numerica, tuttavia, non segue ancora una crescita economica delle singole nuove imprese tecnologiche. Più della metà delle start up innovative (il 53,4%) risulta ancora in perdita (una situazione quasi invariata dal 2013, quando si registrava che il 57,4% delle start up era in rosso).
Stesso discorso per gli indicatori di redditività ROI e ROE, anche questi registrano ancora valori negativi.
Per quanto concerne gli indicatori economici e finanziari, infatti, il valore della produzione medio per impresa nell’esercizio 2020 risulta pari a poco meno di 187,2 mila euro. L’attivo medio è pari a poco più di 416,3 mila euro per startup innovativa, in aumento di circa 70 mila euro rispetto alla precedente rilevazione.
Considerando, infine, la produzione complessiva, essa ammonta a 1.540.522.327, un dato superiore di 255,1 milioni di euro rispetto a quello registrato al termine del trimestre precedente (1.285.373.945).
Il dato sul valore mediano della produzione è pari a 34.192, un valore più basso rispetto alla media (182.183 euro).
Nello studio, l’incidenza delle società in perdita tra le startup innovative (pari a oltre il 53,4%), sensibilmente più elevata rispetto a quella rilevabile tra le nuove società di capitali non innovative (poco più del 35,9%) viene spiegato con il fatto che le imprese ad elevato contenuto tecnologico, hanno tempi più lunghi di accesso al mercato e che le start up innovative analizzate sono ancora in una fase embrionale di sviluppo.
Da questo punto di vista, già il rapporto Europe’s start-up ecosystem: Heating up, but still facing challenges realizzato da McKinsey & Company lo scorso anno aveva fatto emergere un dato importante, ossia che il Vecchio Continente avvia il maggior numero di start up a livello globale, ma solo il 14% diventa un caso di successo.
Ed il perché è presto detto. Le start up innovative europee, ma tra queste forse più delle altre quelle italiane, tentennano e si crogiolano nel loro stato embrionale, quasi a voler mantenere il più a lungo possibile questa etichetta materna all’interno della quale si sentono protette, dovrebbero invece avere il coraggio di passare oltre, lasciandosi guidare attraverso business plan concreti e realistici che consentano alle stesse di uscire da questa perdurante fase iniziale per divenire finalmente vere e proprie imprese. Ma si sa che in Italia, staccarsi dal grembo materno risulta, in tutti i casi, estremamente complicato.