Fisco

Riconoscimento in Italia per l'esenzione IVA dei corsi di lingua resi da utenti non residenti


Al ricorrere dei requisiti richiesti dall’art. 10, comma 1, n. 20), del D.P.R. n. 633/1972, le prestazioni educative e didattiche possono beneficiare dell’esenzione dall’IVA anche se rese da un soggetto non stabilito in Italia. In particolare, è necessario che le predette prestazioni siano rese da soggetti che abbiano ottenuto il “riconoscimento” dalle competenti autorità italiane.

E' quanto ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 750 del 27 ottobre 2021, avente per oggetto il regime applicabile, ai fini dell’IVA, alle prestazioni educative e didattiche rese da un ente con sede legale nel Regno Unito, la cui attività consiste nel prestare, tra gli altri, servizi diretti alla certificazione delle competenze in lingua inglese, di musica e arti performative.

Le certificazioni delle competenze linguistico-comunicative in lingua inglese vengono rilasciate, insieme a materiali e corsi di formazione per i docenti, nei confronti di istituzioni formative quali scuole pubbliche di ogni ordine e grado, in particolare istituti comprensivi e istituti privati, alcuni dei quali hanno ottenuto l’esenzione dall’applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 20), del D.P.R. n. 633/1972 e optato per l’esonero dagli adempimenti di cui all’art. 36-bis del medesimo D.P.R. n. 633/1972.

L’ente ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se rientri tra gli “istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni” che beneficiano dell’esenzione dall’IVA.

Il dubbio si pone in quanto, nella risposta alla consulenza giuridica n. 6/E/2021, è stato precisato che le prestazioni di servizi volte alla certificazione della conoscenza delle lingue straniere, rese da enti certificatori con sede nel Regno Unito nei confronti di enti e agenzie di formazione continua stabiliti in Italia, non possono beneficiare dell’esenzione, in quanto i predetti enti certificatori non sono riconducibili agli “istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni”.

Invero, l’Agenzia ha sottolineato la necessità di valutare se il fornitore estero ha ottenuto il “riconoscimento” dalle competenti autorità italiane, non potendolo “mutuare” in automatico dall’acquirente italiano, quando quest’ultimo opera in esenzione dall’IVA perché in possesso nei necessari requisiti.

Ai fini dell’applicazione del regime di esenzione è, pertanto, necessario compiere un’analisi “case by case” al fine di verificare il ricorrere dei requisiti che caratterizzano l’esenzione di cui al citato art. 10, comma 1, n. 20), del D.P.R. n. 633/1972, alla stregua di quanto si farebbe nei confronti di un soggetto passivo italiano.

Nel caso di specie, il “riconoscimento, per l’ente certificatore inglese, discende dalla circostanza: (i) di essere un ente riconosciuto dal MIUR con riferimento a diversi ambiti formativi; (ii) di avere siglato diversi protocolli di intesa, anche con il Ministero della Pubblica istruzione per l’insegnamento della musica; (iii) che le certificazioni dallo stesso rilasciate possono essere valutate come crediti formativi per l’esame di Stato; (iv) di essere indicato, tra gli enti certificatori di lingue straniere, nell’accordo tra CRUI e MIUR del 2 maggio 2001, per la conversione delle certificazioni linguistiche in CFU.

Nella risposta n. 750/2021, l’Agenzia delle Entrate conclude affermando che l’ente può fatturare le prestazioni in esame senza addebito dell’IVA dal proprio numero di identificazione inglese, specificando che trattasi di servizi di certificazione o corsi di formazione per i quali ricorrono i requisiti per l’esenzione di cui all’art. 10, comma 1, n. 20), del D.P.R. n. 633/1972 e che sono soggetti al sistema del reverse charge di cui all’art. 17, comma 2, del medesimo D.P.R. n. 633/1972.