Agenzia della Entrate: è autonoma prestazione di servizi e non cessione di ramo, la cessione di marchi registrati in Italia tra società straniere
Secondo quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 536 del 6 agosto 2021, l’operazione in cui la società straniera, nell’ambito di una cessione d’azienda, cede ad altra società straniera marchi registrati in Italia presso l’UIBM, è qualificabile, ai fini IVA, come autonoma prestazione di servizi ai sensi dell'art 3, secondo comma, n. 2, del D.P.R. n. 633/1972; nell’ambito di tale operazione, tuttavia, quando i marchi sono l’unico asset presente in Italia, in quanto nessuna delle due società ha una stabile organizzazione sul territorio nazionale, l’operazione è fuori campo IVA per carenza del presupposto territoriale.
L’atto di cessione del marchio, essendo formato all’estero, non è soggetto ad obbligo di registrazione ai fini dell’imposta di registro, esso va registrato solo in caso d’uso, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 6 del TUR, con conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura fissa pari a 200,00 euro.
Il caso
La soluzione prospettata dall’Agenzia delle Entrate è giunta con riferimento alla presentazione di un’istanza di interpello formulata da una società svizzera, la quale aveva trasferito ad altra società svizzera parte del suo complesso aziendale in cui rientravano anche marchi registrati presso l’UIBM e quindi sul territorio italiano.
Nell’ambito di tale operazione, la società cedente ha richiesto chiarimenti all’Amministrazione finanziaria italiana sulla qualificazione della cessione di marchi, il cui trasferimento deve essere registrato presso l'UIBM.
In altri termini, la cedente aveva interesse a comprendere se la suddetta cessione, operata nell’ambito del complesso aziendale avvenuto all’estero, doveva considerarsi, per la normativa italiana, ai fini IVA, una prestazione di servizi ai sensi dell'art. 3, secondo comma, numero 2, D.P.R. n. 633/1972 e non una parte integrante della cessione di azienda non soggetta ad IVA ai sensi dell'art. 2, terzo comma, lett. b), D.P.R. n.633/1972, dal momento che non esiste alcuna azienda in Italia. Inoltre, la società istante chiedeva delucidazioni sulla possibilità di applicare l’imposta di registro in misura fissa alla registrazione dell’atto di trasferimento da compiersi presso l’UIBM.
Le argomentazioni dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate, nel formulare la sua risposta, convenendo con l’opinione dell’istante, ha richiamato la direttiva n. 112/2006, secondo cui, "In caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni, gli Stati membri possono considerare che non è avvenuta alcuna cessione di beni e che il beneficiario succede al cedente".
La direttiva citata consente agli Stati membri Ue di considerare irrilevanti, ai fini IVA, le operazioni straordinarie (fusioni, scissioni, conferimenti) attraverso cui una società cedente trasferisce ad una cessionaria il complesso dei rapporti attivi e passivi di cui ha la titolarità, realizzando una continuità dell'attività aziendale.
L'Italia ha accolto l'opzione recependo le suddette indicazioni con l'articolo 2, terzo comma, lettere b) e f) del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui non sono considerate cessioni di beni "le cessioni e i conferimenti in società o altri enti, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni, che hanno per oggetto aziende o rami di azienda" (lettera b) e "i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti" (lettera f).
L’analisi dell’Agenzia delle Entrate continua con il richiamo alla normativa italiana che definisce la cessione di beni e la prestazione di servizi; in dettaglio, l’Agenzia, nella sua risposta fa menzione de:
- l’articolo 7 ter, comma 1, lettera a), D.P.R. n. 633/1972, secondo il quale si considerano effettuate nel territorio dello Stato le prestazioni di servizi quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato;
- l'articolo 2, terzo comma, lettere b) e f) del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972,n. 633 (lettera f);
- l'articolo 2555 del codice civile qualifica l'azienda come "
il complesso dei beni organizzato dell'imprenditore per l'esercizio dell'impresa",
e si sofferma su alcune pronunce giurisprudenziali nazionali (sentenza Cass. 10 ottobre 2008, n. 24913; sentenze n. 13580/2007, n. 9162/2010, n. 9575/2016, n. 33495/2018) e della Corte di Giustizia Europea, come, la sentenza "Zita Models" C-497/01 e la sentenza 10 novembre 2011, C-444/10, in cui i giudici europei, in merito alla distinzione tra una cessione di azienda e una mera cessione di beni, scrivevano che "occorre effettuare una valutazione globale delle circostanze di fatto che caratterizzano l'operazione di cui trattasi per determinare se essa rientri nella nozione di trasferimento di un'universalità di beni, ai sensi della sesta direttiva. In tale ambito deve essere accordata particolare importanza alla natura dell'attività economica che si intende proseguire" (punto 32 sentenza C-444/10).
Con particolare riferimento alla cessione del marchio, effettuata nell'ambito della cessione di azienda, con la Risoluzione n. 48/E del 2006, l'Agenzia delle Entrate aveva, a suo tempo, precisato che, laddove uno Stato Membro abbia attivato l'art. 19 della Direttiva n. 2006/112/CE e quindi abbia escluso dal campo di applicazione dell'IVA la cessione di azienda, non sussisterebbe alcuna possibilità di scissione di taluni beni in sede di qualificazione dell'operazione.
In particolare, per quanto concerne l’applicazione dell'IVA alla cessione di azienda, le Entrate richiamano il principio della distinta tassazione dell'azienda (imposta di registro) rispetto al marchio (IVA), principio ormai superato in virtù di un altro principio, quello della libera circolazione del marchio rispetto all’azienda.
Sul tema dell’applicazione dell’opzione di cui alla direttiva n. 112/2006 IVA relativa alle operazioni intraunionali, la stessa direttiva stabilisce che il complesso aziendale oggetto del trasferimento in conseguenza di una operazione straordinaria, deve essere situato nel territorio di uno Stato membro e che tale Stato deve aver optato per l'introduzione del regime di esclusione da IVA in commento.
Anche nel caso in cui uno Stato si sia avvalso di tale opzione, il trattamento da riservare ai fini IVA, è condizionato al fatto che siano verificati in via preliminare i presupposti oggettivo, soggettivo e territoriale richiesti dalla Direttiva n. 112 del 2006.
L'operazione posta all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate prevede una cessione che coinvolge soggetti stranieri con i soli beni immateriali - marchi - inclusi nella cessione d’azienda. Conseguentemente, scrive l’Amministrazione finanziaria, non è individuabile, in Italia, la sussistenza di un complesso aziendale ai sensi dell'articolo 19 della Direttiva Iva e in relazione ai marchi trasferiti dall'istante alla cessionaria situata in Svizzera, non può ritenersi applicabile il regime di neutralità, previsto per la cessione d'azienda o di ramo d'azienda, di cui all'articolo 2, terzo comma, lettera b),del D.P.R n. 633 del 1972.
Se ne deve dedurre che l’operazione descritta debba essere qualificabile ai fini IVA come un'autonoma prestazione di servizi, ai sensi dell'art 3, secondo comma, n. 2, del D.P.R. n. 633/1972.
Per quanto concerne poi la rilevanza territoriale dell'operazione in esame, si deve prendere in considerazione l'art 44 della Direttiva n. 2006/112/CE secondo cui "Il luogo delle prestazioni di servizi resi ad un soggetto passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della propria attività economica”.
In base all'art. 7 ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, che ha recepito la norma unionale, le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato.
Nel caso di specie, trattandosi di operazione intercorsa tra soggetti passivi stabiliti in Svizzera, la cessione del marchio è esclusa dal campo di applicazione dell'IVA per carenza del presupposto territoriale.
Per quanto riguarda invece l’imposta di registro, trattandosi di atti formati all’estero, in linea generale, occorre fare riferimento all'articolo 2, lettera d) del TUR, secondo cui sono soggetti a registrazione: "d) gli atti formati all'estero, compresi quelli dei consoli italiani, che comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato e quelli che hanno per oggetto la locazione o l'affitto di tali beni."
Disposizione che non può applicarsi al caso di specie in quanto non esiste in Italia alcun complesso aziendale. Pertanto, l'atto di cessione dei marchi, formato all'estero, non è soggetto ad obbligo di registrazione ai fini dell'imposta di registro che si applica nella misura fissa di 200 euro solo in caso d’uso, come stabilito dall'articolo 11 della Tariffa, Parte Seconda, allegata al TUR.