Presunzione di cessione gratuita di beni per solidarietà sociale
La presunzione di distruzione prevista per i beni ceduti gratuitamente nei confronti di alcuni enti pubblici e privati si riferisce, tra gli altri, ai beni non più commercializzati oppure a quelli non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari.
Siccome la cessione gratuita dei beni in questione non è soggetta a IVA, in quanto equiparata alla loro distruzione, il donante conserva il diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte.
È quanto ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nella consulenza giuridica n. 8 del 22 giugno 2021, in merito alla portata interpretativa dell’art. 16 della L. n. 166/2016 (cd. “Legge antispreco”), in base al quale la presunzione di cessione di cui all’art. 1 del D.P.R. n. 441/1997 non opera per alcune tipologie di beni espressamente individuate, qualora la loro distruzione si realizzi con la cessione gratuita a favore degli enti pubblici e degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività d’interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale, nonché attraverso forme di mutualità, compresi gli enti del Terzo settore.
I beni alle quali la norma fa riferimento sono caratterizzati dal generico riferimento di essere non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari.
Ad avviso dell’Agenzia, ai fini dell’applicazione del citato art. 16 della L. n. 166/2016, il requisito individuato, per specifiche categorie di beni, di cui alle lett. d), d-bis) e d-ter), alla presenza di imperfezioni, alterazioni, danni o vizi dei prodotti tali da non modificarne l’idoneità all’utilizzo o altri motivi similari, non si riferisce alla locuzione “non più commercializzati”, ma solo all’espressione “non idonei alla commercializzazione”. Riguardo, invece, agli “altri motivi similari” ammessi al beneficio, gli stessi devono riguardare circostanze oggettive, legate alle caratteristiche del prodotto e, quindi, riscontrabili.
Possono, pertanto, considerarsi ricompresi nell’ambito applicativo dell’art. 16, comma 1, lett. d), d-bis) e d-ter), della L. n. 166/2016, i beni ivi indicati, a condizione che:
- siano ceduti gratuitamente ai soggetti indicati dall’art. 2, comma 1, lett. b), della medesima L. n. 166/2016;
- siano ancora astrattamente idonei all’utilizzo;
- non siano più commercializzati, ossia non siano più presenti nei canali distributivi, avendo esaurito il loro ciclo di vita commerciale ed avendo subito una rilevante riduzione di valore economico, tale da non renderne comunque più conveniente la vendita (es. beni rimasti pressoché privi di valore commerciale e ritirati dal circuito di vendita in quanto obsoleti, per tecnologia o per design) o comunque non più rispondenti alle esigenze di mercato; oppure
- non siano più idonei alla commercializzazione a causa di imperfezioni, alterazioni, danni o vizi del prodotto o del suo imballaggio o di altri motivi simili, legati alle caratteristiche intrinseche del bene stesso, che ne alterano in modo rilevante il valore economico.
L’Agenzia ha, inoltre, chiarito che, siccome la cessione gratuita dei beni in questione non è soggetta a IVA, in quanto equiparata alla loro distruzione, il donante conserva il diritto alla detrazione dell’imposta assolta all’atto dell’acquisto o dell’importazione delle merci o delle materie prime per i quali è stata cambiata la destinazione.