Fisco

Rimborso dell’IVA erroneamente addebitata per l’operazione in “split payment”


In caso di erroneo addebito dell’IVA in misura superiore a quella dovuta, per le fatture per le quali il fornitore non ha più facoltà di emettere la nota di variazione in diminuzione dell’imposta, essendo decorso il termine di un anno dall’effettuazione dell’operazione, è possibile attivare la procedura di rimborso di cui all’art. 30-ter, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972.

A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 424 del 22 giugno 2021, presentato da un ente pubblico che, nell’anno 2017, ha affidato l’esecuzione dei lavori per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria ad una società che, negli anni 2018 e 2019, ha emesso fatture addebitando erroneamente l’IVA con l’aliquota ordinaria, anziché con quella ridotta del 10%.

Il dubbio interpretativo è relativo alla modalità da adottare per recuperare la maggiore imposta versata, tenuto conto che, per le predette fatture, non è più possibile ricorrere alla procedura di variazione in diminuzione dell’imposta di cui all’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972,

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, spetta al solo cedente/prestatore la facoltà di avvalersi della procedura di variazione per rettificare l’IVA erroneamente addebitata, a prescindere dalla circostanza che, come nella fattispecie, l’operazione sia assoggettata al meccanismo dello “split payment”, di cui all’art. 17-ter del D.P.R. n. 633/1972.

Quest’ultimo, infatti, non fa venire meno, in capo al fornitore, la qualifica di debitore dell’imposta per l’operazione effettuata nei confronti dell’ente pubblico, in quanto non incide sulla fase dell’applicazione dell’imposta, ma solo su quella della sua riscossione.

Ne consegue che l’ente pubblico, destinatario della fattura emessa in regime di “scissione dei pagamenti”, non assumendo la qualifica di debitore d’imposta, non può rettificare autonomamente l’imposta addebitatagli in rivalsa, restando tale facoltà di competenza del fornitore, tenuto a rispondere dell’errore nel caso in cui sia accertata l’errata applicazione dell’aliquota IVA.

Nel caso prospettato, l’Agenzia ha, pertanto, ritenuto non pertinenti, al fine di giungere ad una conclusione diversa, i chiarimenti resi con le risposte n. 243/E/2019 e n. 378/E/2020, in quanto:

  • nella prima risposta, l’errata applicazione dell’aliquota IVA era già stata verificata dall’Amministrazione finanziaria, sicché era ammissibile consentire direttamente alla PA committente il recupero di quanto indebitamente versato;
  • nella seconda risposta, l’erronea duplicazione del versamento IVA era esclusivamente imputabile alla PA committente.

Per le fatture emesse negli anni 2018 e 2019, per le quali il fornitore non ha più la possibilità di emettere le note di variazione essendo decorso il termine annuale, il medesimo può attivare la procedura di rimborso di cui all’art. 30-ter, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972.

Dato che la maggiore imposta è stata versata mediante il meccanismo dello “split payment”, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il fornitore deve indicare nell’istanza, come beneficiario del rimborso, se spettante, l’ente committente. In alternativa, laddove la richiesta di rimborso sia presentata direttamente dall’ente committente, l’istanza deve essere sottoscritta anche dal fornitore, parimenti responsabile di un eventuale rimborso non spettante.