Fisco

Accordo transattivo, condizioni di esclusione IVA sulle somme dovute


La somma dovuta come il corrispettivo previsto per l’assunzione di un obbligo di non fare/permettere, pur soddisfacendo il presupposto oggettivo dell’IVA, è esclusa da imposta per carenza del presupposto territoriale se il soggetto tenuto al pagamento non è stabilito in Italia.

E' quanto chiarisce l’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 356 del 19 maggio 2021, in merito al trattamento da applicare, agli effetti dell’IVA, alla somma che il committente deve versare all’istante in esecuzione dell’accordo transattivo che è stato concluso.

In particolare, l’istante, al fine di ridefinire gli assetti negoziali scaturenti da due precedenti accordi a seguito della sospensione della fornitura disposta dal committente, ha concluso con quest’ultimo un accordo transattivo che prevede la corresponsione a favore dell’istante di una somma di denaro.

Come rilevato dall’Agenzia, nel caso di specie, occorre verificare la “funzione economica” della suddetta somma per stabilire se la stessa costituisca l’effettivo corrispettivo di una cessione di beni e/o di una prestazione di servizi fornito nell’ambito di un rapporto giuridico caratterizzato da prestazioni sinallagmatiche, ovvero se la medesima sia versata a titolo di liberalità oppure abbia natura meramente risarcitoria.

Tra le operazioni che si qualificano, ai fini IVA, come prestazioni di servizi, l’art. 25 della Direttiva n. 2006/112/CE richiama “l’obbligo di non fare o di permettere un atto o una situazione” e, allo stesso modo, l’art. 3, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 qualifica come prestazioni di servizi “le prestazioni verso corrispettivo dipendenti (...) in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”.

Ad avviso della Corte di Cassazione, si rientra nella previsione in esame anche quando la prestazione si risolve in un semplice non fare o in un permettere, purché la stessa si collochi all’interno di un rapporto sinallagmatico (sent. 31 luglio 2018, n. 20233). Tale impostazione è in linea con le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, secondo cui, tenuto conto della definizione omnicomprensiva della base imponibile IVA, una prestazione di servizi si considera effettuata a titolo oneroso e configura, pertanto, un’operazione imponibile soltanto quando tra le parti intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, nel quale il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio reso all’utente (sent. 2 giugno 2016, causa C-263/15 e sent. 3 settembre 2015, causa C-463/14).

Ritornando al caso rappresentato, la somma di denaro è corrisposta a fronte dell’impegno assunto dall’istante, nell’ambito di un rapporto giuridico intercorrente con il committente, di rinunciare all’esercizio di qualsiasi richiesta e/o pretesa nei confronti di quest’ultimo a seguito della risoluzione dei contratti di fornitura da esso disposto.

Ad avviso dell’Agenzia, tale circostanza consente di qualificare la somma dovuta come il corrispettivo previsto per l’assunzione di un obbligo di non fare/permettere posto a carico dell’istante, che è riconducibile alle prestazioni di servizi “generici” eseguiti nei confronti di un soggetto passivo IVA non residente in Italia, come tale escluso da imposizione ai sensi dell’art. 7-ter del D.P.R. n. 633/1972.