Accordo di ristrutturazione dei debiti con riversamento dell’IVA da parte del debitore
L’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti consente al cedente/prestatore do emettere la nota di variazione in diminuzione dell’IVA, a fronte della quale il cessionario/committente è tenuto non solo alla registrazione della stessa, dovendo provvedere anche al riversamento della relativa imposta all’Erario.
A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 340 del 13 maggio 2021, resa in merito ai dubbi interpretativi sollevati da una società che, nell’anno 2020, ha sottoscritto un accordo di ristrutturazione dei propri debiti.
Successivamente all’omologa e prima del 31 dicembre 2020, alcuni dei creditori chirografari, in ragione degli accordi sottoscritti, che hanno previsto modalità di pagamento a saldo e stralcio, hanno emesso le note di variazione ai sensi dell’art. 26, comma 2 del D.P.R. 633/1972 per il recupero dell’IVA relativa alla parte di credito “falcidiata”. Altri fornitori aderenti all’accordo, invece, non hanno ancora fatto pervenire la nota di variazione, ma è possibile che la emetteranno a seguito dell’integrale pagamento del credito “falcidiato”.
Ferma restando la possibilità, in capo al cedente/prestatore, di emettere la nota di variazione in diminuzione senza dover attendere l’acclarata finale infruttuosità della procedura, essendo a tal fine sufficiente la mera omologazione dell’accordo da parte del Tribunale competente, l’imposta detratta confluisce nella relativa liquidazione periodica o, al più tardi, nella dichiarazione annuale IVA di riferimento del cedente/prestatore.
In presenza di un accordo di ristrutturazione dei debiti, il cessionario/committente ha l’obbligo non solo di registrare la nota di variazione in diminuzione regolarmente emessa, ma anche di procedere al riversamento della relativa imposta all’Erario, senza attendere l’adempimento finale dell’accordo stesso. Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, infatti, si distinguono dalle ordinarie procedure concorsuali, rispetto alle quali è stato più volte precisato che, ai sensi dell’art. 26, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972, gli organi della procedura sono tenuti ad annotare nel registro IVA la corrispondente variazione in aumento, senza che tale adempimento determini l’inclusione del relativo credito IVA vantato dall’Amministrazione nel riparto finale, ormai definitivo, e che, non sussistendo il debito a carico della procedura, il curatore fallimentare non è tenuto ad ulteriori adempimenti (risoluzione n. 155/E/2001 e circolare n. 8/E/2017).
Alla luce delle considerazioni esposte, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il “dies a quo” a decorrere dal quale ciascun creditore può legittimamente procedere all’emissione della nota di variazione ai sensi del citato art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972 è rappresentato dalla data di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.
Va negato che, a fronte di note di variazione regolarmente emesse, il cessionario/committente sia tenuto alla sola registrazione delle stesse, dovendo invece procedere anche al riversamento della relativa imposta all’Erario.
Fatta salva l’eventualità in cui ricorra una delle ulteriori ipotesi indicate nell’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, il cessionario/committente è esonerato dall’obbligo di registrazione delle note conseguenti agli stralci previsti nell’accordo di ristrutturazione nel caso in cui i documenti di rettifica risultino emessi prima del decorso del “dies a quo”, ovvero dopo il decorso del termine previsto dall’art. 19, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972.