Tassazione rimborso spese dipendenti in smart working
Con la Risposta a interpello 11 maggio 2021, n. 328, l’Agenzia delle Entrate ritorna sul tema dei rimborsi delle spese sostenute dai dipendenti in smart working.
L’interpello
Nell’interpello in oggetto, una società - che svolge servizi nel campo della consulenza ingegneristica e che ha alle proprie dipendenze 50 lavoratori impegnati in progetti di consulenza tecnica eseguiti tramite appalti di servizi – intende pattuire con i propri dipendenti in smart working, tramite appositi accordi individuali, un rimborso forfetario pari al 30% dei consumi effettivamente addebitati al dipendente nelle fatture periodiche, emesse a suo nome o del coniuge convivente, delle spese documentate per il costo della connessione internet, della corrente elettrica, dell’aria condizionata e del riscaldamento. Si prevede inoltre che dette somme abbiano ad ogni effetto, natura risarcitoria e che non siano computabili ai fini degli altri istituti contrattuali e di legge compreso l'eventuale TFR.
Ciò posto, l'istante vorrebbe sapere se gli importi rimborsati configurino redditi di lavoro dipendente ai sensi dell'art. 51, comma 1, del TUIR (da assoggettare, quindi, a ritenute fiscali, previdenziali ed assistenziali) e, in caso di esito negativo, se tale percentuale (calcolata in ragione del rapporto tra l'orario lavorativo, 8 ore, e la durata dell'intera giornata) possa essere considerata "congrua".
La normativa e la prassi
Si richiama la rilevanza nella fattispecie del principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 51, comma 1, del TUIR, in base al quale tutte gli emolumenti, in denaro ma anche in beni, servizi o opere per il loro valore, corrisposti dal datore di lavoro al dipendente, concorrono alla determinazione del reddito imponibili di lavoro dipendente, compresi, quindi, i rimborsi spese.
Al riguardo, la Circolare n. 326/1997, ha escluso da tassazione le spese anticipate dal personale per il datore di lavoro, riguardanti acquisti di poco valore, come la carta per la stampante.
La successiva Risoluzione n. 178/2003 ha chiarito che non concorrono alla formazione dell’imponibile le somme che non arricchiscono il dipendente come indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale in relazione a costi sostenuti esclusivamente nell’interesse del datore di lavoro.
Con Risoluzione n. 357/2007, è stato ritenuto che le somme erogate per rimborsare i costi dei collegamenti telefonici non siano da assoggettare a tassazione essendo sostenute dal telelavoratore per raggiungere le risorse informatiche dell'azienda messe a disposizione dal datore di lavoro e quindi poter espletare l'attività lavorativa.
Soluzione delle Entrate
Nel prospettare la soluzione, l’Agenzia Entrate afferma che non sono rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile del reddito di lavoro dipendente le spese del lavoratore, rimborsate in modo forfetario, soltanto se fissato per legge un criterio di determinazione della quota attribuibile all’esclusivo interesse del datore di lavoro (cfr. art. 51, comma 4, lett. a), TUIR, relativamente all’utilizzo promiscuo di auto).
In mancanza di una regola precisa, la Risoluzione n. 74/2017 chiarisce che l’irrilevanza fiscale dei rimborsi deve essere individuata sulla base di elementi oggettivi e documentalmente accertabili.
Non è così per i risarcimenti erogati dalla società istante al personale che svolge la propria attività in smart working, erogati secondo un criterio forfetario, senza parametri oggettivi e una specifica disposizione di legge.
Ne segue pertanto che, diversamente da quanto ritenuto dalla società, le somme erogate al personale come rimborso per i consumi sopra descritti, in assenza di apposita previsione di legge, concorrono alla formazione del reddito imponibile di lavoro dipendente.