Irregolare tenuta della contabilità e responsabilità del contribuente: la pronuncia della Cassazione
In materia di sanzioni di carattere pubblico sanzionatorio, incombe sempre in capo al contribuente l’onere di vigilare sull’operato del consulente, di conseguenza il contribuente che abbia affidato mandato al commercialista, non è esonerato da propria responsabilità in caso di contestazioni sulla regolare tenuta della contabilità.
Questo, in definitiva, è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 28291 dell’11 dicembre 2020, confermando le pronunce di merito di primo e secondo grado, ha rigettato il ricorso di un contribuente che lamentava la mancata esclusione della propria responsabilità per irregolare tenuta della contabilità, scaricando la colpa sul commercialista.
Il caso della irregolare tenuta della contablità è, infatti, ben diverso dall’ipotesi nella quale il consulente incaricato trae in inganno il contribuente, ad esempio consegnando a questi documentazione falsa, da cui si deduca la redazione della dichiarazione e il versamento dei tributi.
La Cassazione, dunque, richiamando un precedente arresto (Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 11832 del 09/06/2016), ha precisato che il contribuente non assolve agli obblighi tributari con il mero affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle Entrate, essendo tenuto a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto, sicché la sua responsabilità è esclusa solo in caso di comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento.
Le obbligazioni di natura pubblica sanzionatoria, tra cui rientra l’obbligo di tenere correttamente la contabilità, non sono infatti delegabili e ciò in quanto, siffatte obbligazioni anche ove delegate a terzi, non esonerano il contribuente, che ne è soggetto e destinatario, dall'obbligo di controllarne l'adempimento da parte del delegato.
In tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, perché possa escludersi la responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997 [Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662], spetta al contribuente fornire la prova dell’assenza assoluta di colpa, in quanto la stessa non è rilevabile d’ufficio, essendo necessario, a tal fine, dimostrare di versare in stato di ignoranza incolpevole e la prova non può essere superata mediante l'ordinaria diligenza. […]
La prova dell’assenza della coscienza e della volontà della condotta deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l'agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l'uso della normale diligenza (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2139 del 30/01/2020).