Diritto

Nota di variazione per infruttuosità della procedura concorsuale con termine perentorio


In caso di infruttuosità della procedura concorsuale, il termine ultimo per l’emissione della nota di variazione in diminuzione dell’IVA è rappresentato dalla presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui la procedura è divenuta infruttuosa, mentre non è consentito avvalersi della previsione che considera valida la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo.

È quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 593 del 15 dicembre 2020.

L’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972 dà diritto al cedente o prestatore di emettere la nota di variazione in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta in caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, del corrispettivo a causa di una procedura concorsuale rimasta infruttuosa, vale a dire quando il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio del debitore viene meno, anche solo parzialmente, per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo.

Nel caso specifico del fallimento, secondo il consolidato orientamento della prassi amministrativa, per individuare l’infruttuosità della procedura, occorre fare riferimento alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto, oppure, in sua assenza, alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso.

Dopo che si è verificato il presupposto per operare la variazione, l’esercizio della detrazione dell’IVA resta subordinato alle condizioni previste dall’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972, con la conseguenza che la nota di variazione deve essere emessa, e la maggiore imposta a suo tempo versata può essere detratta, al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione.

Nel caso in esame, in assenza di un piano di riparto finale, l’esercizio del diritto alla variazione risulta subordinato alla scadenza del termine per opporre reclamo contro il decreto di chiusura del fallimento. Tenuto, inoltre, conto che il deposito del provvedimento ha avuto luogo nell’anno 2019 e, quindi i termini per proporre reclamo al decreto sono scaduti nel 2019, la nota di variazione in diminuzione avrebbe potuto essere emessa entro il 30 aprile 2020, cioè fino alla data di presentazione della dichiarazione IVA relativa al 2019, differito al 30 giugno 2020 dall’art. 62 del D.L. n. 18/2020 (decreto Cura Italia).

A questo riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il riferimento contenuto nel citato art. 19, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 deve intendersi al termine ordinario di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 322/1998 e non anche, quindi, alla previsione contenuta nel comma 7 dell’art. 2 dello stesso D.P.R. n. 322/1998, che considera valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo.

Tenuto, tuttavia, conto che il fornitore è venuto casualmente a conoscenza della chiusura del fallimento soltanto nel corso del mese di luglio 2020, l’Agenzia ha confermato la possibilità di ricorrere all’istituto dell’art. 30-ter, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, attraverso la presentazione all’Amministrazione finanziaria dell’istanza di rimborso dell’imposta entro due anni dalla scadenza del termine per opporre reclamo al decreto di chiusura del fallimento, con il quale l’infruttuosità della procedura è divenuta definitiva.