Buono sconto con diritto alla variazione in diminuzione dell’IVA
Ai buoni sconto non si applica la disciplina prevista per i voucher, trattandosi di strumenti che consentono solo di ottenere una riduzione del prezzo di acquisto e non anche di ricevere beni o servizi. A seguito dell’utilizzo del buono sconto, la detrazione dell’IVA recuperata con la nota di variazione deve essere esercitata entro il termine decadenziale annuale e, in caso inerzia del contribuente, non è consentito chiedere il rimborso dell’imposta all’Amministrazione finanziaria.
Si tratta dei chiarimenti resi dall’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 592 del 15 dicembre 2020 in merito ai profili IVA di un programma promozionale basato sull’emissione di buoni sconto.
L’art. 6-bis del D.P.R. n. 633/1972 definisce il “buono-corrispettivo” come lo strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che indica, sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative.
Le caratteristiche che contraddistinguono il “buono-corrispettivo” escludono la possibilità di applicare la specifica disciplina IVA dei voucher ai buoni sconto, che sono strumenti che conferiscono al titolare il diritto ad uno sconto all’atto dell’acquisto di beni o servizi, ma che non danno diritto a ricevere detti beni o servizi.
Pertanto, nel caso di specie, l’Agenzia ha confermato che, ai buoni sconto emessi dall’istante, non si applica la disciplina prevista per i “buoni-corrispettivo”, trattandosi di strumenti che consentono solo di ottenere una riduzione del prezzo di acquisto e non anche di ricevere beni o servizi.
L’ulteriore questione interpretativa sollevata dall’istante è relativa alla possibilità di applicare la procedura di variazione in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta, di cui all’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, per un importo pari al valore nominale dei buoni sconto, al fine di ridurre l’ammontare dei corrispettivi fatturati ai rivenditori che hanno accettato i buoni sconto come mezzo di pagamento all’atto della vendita dei beni ai consumatori finali.
In proposito, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che lo strumento della nota di variazione è applicabile anche alle ipotesi in cui, tra l’alienante e l’acquirente finale non intercorra un rapporto giuridico di compravendita diretta, a condizione che lo sconto concesso all’acquirente finale sia univocamente ricollegabile all’operazione originaria – che s’intende rettificare – posta in essere dal cedente nei confronti del rivenditore. È, inoltre, possibile emettere un unico documento di variazione per tutti i buoni sconto rimborsati in un determinato periodo, purché le transazioni siano univocamente individuate.
Infine, nella risposta n. 592/E/2020 è stato precisato che, a seguito dell’utilizzo del buono-sconto, la detrazione dell’IVA recuperata con la nota di variazione deve essere esercitata entro il termine decadenziale previsto dall’art. 19, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, vale a dire, al più tardi, con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.
Deve, invece, escludersi la possibilità di ricorrere all’istituto disciplinato dall’art. 30-ter, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 che, essendo norma residuale ed eccezionale, trova applicazione ogni qual volta sussistano condizioni oggettive che non consentano di emettere la nota di variazione in diminuzione. Il suddetto istituto, infatti, non può essere utilizzato ordinariamente per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione, qualora tale termine sia decorso per inerzia del soggetto passivo.