Cassazione: licenziamenti, studi associati e "mini-contratto" a termine
Licenziamenti
La Corte di Cassazione con la Sentenza n. 22720 dell'11 dicembre 2012, ricorda che il lavoratore sarebbe stato possibile oggetto di licenziamento anche per un altro fatto, legato alla falsa testimonianza circa il verificarsi di un incidente con l'auto di servizio aziendale.
Il lavoratore che lascia il posto di lavoro mezz'ora prima della fine del turno con sistematicità è passibile di licenziamento in tronco, a nulla rilevando la mancata possibilità di produrre giustificazioni al suo comportamento derivante dal provvedimento "istantaneo", stante il fatto che in precedenza erano già stati contestati al lavoratore, con l'idonea procedura, più episodi simili.
In materia di licenziamento, la Corte di Cassazione ha chiarito che, qualora il dipendente fornisca come giustificazione della propria assenza dal lavoro una certificazione medica sottoscritta da un parente, specializzato in un ambito diverso da quello oggetto di certificazione, l'azienda potrà legittimamente non considerare ammissibile la certificazione in oggetto.
Nello specifico la Suprema Corte, con la Sentenza n. 22217 del 7 dicembre 2012, ha precisato che, fermo restando l'obbligo di reperibilità del lavoratore in malattia nelle fasce orarie stabilite, l'eventuale assenza dovrà essere giustificata. Tuttavia non potrà considerarsi ammissibile, e quindi risulterà legittimo il provvedimento espulsivo, la certificazione medica del parente nutrizionista in relazione ad uno stato ansioso depressivo.
Studio associato e autonoma organizzazione
Con Ordinanza 10 dicembre 2012, n. 22506, la Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di assenza di personale dipendente, modesti compensi per i collaboratori ed esigue spese per beni strumentali, per gli studi associati non sussiste autonoma organizzazione, e di conseguenza non sono soggetti ad IRAP (art. 3, D.Lgs. n. 446/1997).
Questo in contrasto con pronunce precedenti, le quali prevedevano l'assoggettazione degli studi associati all'imposta anche nei suddetti casi.
Il "mini-contratto" a termine rilevante ai fini del computo dei 15 dipendenti
Il lavoratore assunto con un contratto a termine, per quanto di breve durata, deve essere computato nel numero dei dipendenti ai fini dell'applicazione dell'articolo 18 in tema di tutela reale nei licenziamenti, qualora l'attività svolta dallo stesso sia tale da ritenere esclusa "l'esigenza momentanea e contingente".
La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 22396 del 10 dicembre 2012, ha infatti adottato tale criterio nei confronti di un'azienda che impiegava lavoratori in nero fittiziamente assunti presso terzi, nonché un'impiegata a termine con contratto di tre mesi, appositamente per non rientrare nella tutela reale prevista dall'art. 18 della Legge n. 300/1970. Computandosi tali lavoratori, l'azienda deve rispettare quanto previsto in tutela reale e il licenziamento da cui nasce il giudizio è illegittimo.