Economia

ISTAT: ad aprile l'export cresce rispetto al 2012, stazionario rispetto a marzo


Aumentano nell'anno le esportazioni, sia verso i Paesi extra Ue che all'interno dei confini europei. Flessione invece per le importazioni, che diminuiscono sensibilmente dagli altri continenti, mentre crescono dai Paesi Ue. Rispetto ad aprile 2012 si registra un +4,4% per l'export, dovuto alla crescita del 3,1% verso l’area Ue e del 6,1% verso l’area extra-Ue. Per le importazioni -2,6%, come sintesi dell’accentuata diminuzione dai paesi extra Ue -10,3% e dell'aumento dai paesi Ue (+4,5%).

Ad aprile l’aumento tendenziale dell’export è particolarmente accentuato verso Belgio (+30,2%), paesi MERCOSUR (+21,9%) e paesi ASEAN (+19,1%). Rilevante è l’aumento delle vendite di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+29,2%), di articoli in pelle, escluso abbigliamento, e simili (+13,4%) e di prodotti alimentari, bevande e tabacco (+12,6%).

L’aumento delle vendite di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici verso il Belgio, metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti, verso i paesi OPEC e gli Stati Uniti spiegano quasi un terzo dell’aumento tendenziale dell’export.

Sono in forte diminuzione le importazioni da paesi OPEC (-34,0%), Stati Uniti (-16,0%), e Svizzera (-7,9%). In forte contrazione gli acquisti di prodotti dell’estrazione di minerali da cave e miniere, esclusi petrolio e gas (-31,9%), gas naturale (-26,4%) e prodotti petroliferi raffinati (-12,2%).

 FLUSSI COMMERCIALI CON L'ESTERO

Aprile 2012-aprile 2013, dati grezzi,
variazioni percentuali tendenziali e valori in milioni di euro

 STAT-Flussi commerciali con l

Variazioni degli scambi commerciali rispetto a marzo 2013

Il dato congiunturale invece registra una diminuzione per l’import (-0,9%) e un andamento stazionario per l’export (+0,0%). La stabilità delle esportazioni è la sintesi di un aumento delle vendite verso i paesi Ue (+0,5%) e di una diminuzione verso i paesi extra Ue (-0,7%). I beni di consumo non durevoli sono l’unica tipologia di beni in crescita (+2,2%).

La diminuzione congiunturale dell’import è più accentuata per gli acquisti dai paesi Ue (-1,4%) rispetto ai mercati extra Ue (-0,3%). In forte flessione risultano gli acquisti di beni strumentali (-6,3%).

 Ad aprile 2013 il saldo commerciale è positivo (+1,9 miliardi), in forte miglioramento rispetto al 2012 (-0,3 miliardi). L’avanzo commerciale è il risultato di un surplus sia con i paesi extra Ue (+1,5 miliardi) sia con quelli Ue (+0,4 miliardi). Al netto dell’energia, il saldo mensile è attivo per 6,5 miliardi.

Il caso dell'export del vino italiano in Africa. Una ricerca di Winemonitor-Nomisma

Nel 2012 le importazioni di vino del continente africano hanno raggiunto il valore di 534,5 milioni di dollari, evidenziando un +7% rispetto all’anno precedente e +445% rispetto al 2002. In questo campo la parte del leone la fanno i Paesi ex coloniali, primo fra tutti la Spagna, copre il 70% delle importazioni di vino dello stato africano. Per quanto riguarda i vini italiani l’export vale oggi quasi 13 milioni di dollari, sebbene tale valore sia cresciuto del 70% in appena 5 anni. In particolare, il 43% del vino italiano esportato in Africa finisce in Nigeria, dove rispetto al 2007 il valore è aumentato del 318%. Segue, più distante, il Sudafrica con un altro 16%. Poi, il rimanente 41% del nostro vino destinato all’Africa si disperde in tutto il continente. Da segnalare, in termini dinamici, la crescita dell’export in Mozambico, Angola e Ghana, aumentato nel quinquennio considerato rispettivamente del 737%, 133% e 69%, a dimostrazione di come i produttori vinicoli italiani (non ancora molti, per la verità) abbiano percepito le potenzialità esistenti in questi “grandi e nuovi” mercati.

Sono dati che emergono da una recente ricerca Winemonitor, l'osservatorio sul mercato del vino curato da Nomisma, istituto privato di ricerca sui fenomeni economici, in particolare quelli legati all'economia reale.

Secondo l'osservatorio, diversi studi internazionali concordano nel prevedere uno sviluppo rilevante del numero di famiglie africane più “agiate”, sottolineando al contempo come già oggi la “classe media” (persone con più di 20.000 dollari di reddito annuo) presente nel continente sia comunque più numerosa che in India.