Diritto

Comprese le pertinenze nella locazione salvo diversa pattuizione espressa


Le pertinenze immobiliari devono ritenersi sempre comprese nella locazione anche se ciò non è espressamente indicato nel contratto, se però le parti esprimono una volontà diversa, il rapporto di pertinenzialità di un bene rispetto all’altro può ritenersi escluso.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2978/2019 con cui ha rigettato il ricorso di alcuni proprietari di immobili che avevano invocato la nullità del contratto di locazione a mezzo del quale erano state loro locate delle autorimesse, carenti dei requisiti tecnici e catastali necessari per rientrare in tale destinazione d’uso, con separato contratto rispetto agli immobili di cui nel frattempo erano diventati proprietari.

Secondo i ricorrenti, il contratto con cui le autorimesse erano state autonomamente locate rispetto alle abitazioni principali, era da ritenersi nullo per mancanza di causa poiché, non potendo detti locali essere scorporati dalle unità abitative, mancherebbe l’oggetto della controprestazione, requisito essenziale nei contratti a prestazioni corrispettive.

La Cassazione, tuttavia, ha respinto le loro ragioni, spiegando che, ai sensi dell'art. 818 comma 1 c.c., gli atti e i rapporti giuridici che hanno ad oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente stabilito dalle parti.

La destinazione a pertinenza di un bene, valutato come accessorio rispetto a quello principale, può scaturire dalla destinazione oggettiva e funzionale del bene al servizio dell’altro oppure dalla destinazione individuata dal proprietario di quest'ultimo; se il proprietario esclude specificamente il rapporto pertinenziale tra i due beni, non si può affermare la sussistenza del vincolo, sebbene ciò possa apparire ragionevole in virtù del carattere funzionale del bene accessorio rispetto a quello principale (Cassazione civile, sez. II, 02/08/2011, n. 16914 ; Cass. 3 novembre 2000 n. 14350.).

Il secondo comma dell’art. 818 c.c. prevede che le pertinenze possano formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici; le pertinenze devono pertanto considerarsi assorbite nella cessione o trasferimento del bene principale, anche nel caso in cui manchi la loro espressa indicazione nel contratto di compravendita, a meno che una dichiarata volontà contraria li estrometta (Cassazione civile, sez. II, 15/11/2016, n. 23237). Al pari, anche la locazione immobiliare, se non diversamente pattuito, include le pertinenze, salvo diversa ed esplicita disposizione delle parti.

Nel caso di specie, la corte territoriale aveva ragionevolmente escluso il vincolo di pertinenzialità dell'autorimessa, con caratteristiche costruttive e destinazione catastale di cantina, per assenza del requisito soggettivo, poichè, pur appartenendo i beni allo stesso proprietario, avevano comunque formato oggetto di contratti di locazione autonomi rispetto agli alloggi, contratti perdurati anche dopo l’acquisto della proprietà delle unità abitative da parte degli assegnatari.

La separazione delle autorimesse dagli alloggi era stata manifestata espressamente dalle parti mediante la stipulazione di autonomi contratti di locazione rispetto alla compravendita delle abitazioni.
Secondo la Cassazione non poteva nemmeno farsi riferimento al vizio di nullità dei contratti di locazione per contrarietà a norme imperative, pure invocato dagli odierni ricorrenti, in quanto i locali mancavano delle caratteristiche tecniche o catastali per essere destinati ad autorimesse, poiché, come correttamente chiarito dalla Corte territoriale, i conduttori utilizzavano i locali come autorimesse da circa cinquant’anni, dopo averli visionati e trovati idonei allo scopo, il che esclude che possa ipotizzarsi la nullità anche sotto il profilo dell'impossibilità dell'oggetto.

A parere della Corte, i giudici di merito, anche in questo caso, avrebbero pertanto correttamente applicato il principio consolidato affermato dalla stessa corte di legittimità, in base al quale il mancato rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d'uso dei beni immobili, ovvero alla abitabilità dei medesimi, non è di ostacolo alla valida costituzione di un rapporto locatizio, sempre che vi sia stata, da parte del conduttore, concreta utilizzazione del bene, mentre, nella ipotesi in cui il provvedimento amministrativo necessario per la destinazione d'uso convenuta sia stato definitivamente negato, al conduttore è riconosciuta la facoltà di domandare la risoluzione del contratto (Cass. 21 dicembre 2004 n. 23695, nonché Cass. 12 settembre 2000 n. 12030; Cass. 16 settembre 1996 n. 8285).

Nella specie, dunque, i contratti non potevano essere considerati nulli, in quanto l’eventuale vizio non si riferiva al momento genetico del negozio, alla luce del pacifico ed effettivo utilizzo del bene secondo la destinazione prevista nel contratto di locazione; l’impossibilità sopravvenuta della prestazione poteva al più dare luogo alla risoluzione del contratto ai sensi dell’art.1463 c.c., questione di cui le parti non avevano però fatto alcun riferimento in giudizio.