Spedizioniere doganale responsabile per le dichiarazioni d'intento ideologicamente false
Al fine di adeguare la normativa interna a quella unionale, nei casi di rappresentanza indiretta, lo spedizioniere doganale è responsabile per l’omesso pagamento dell’IVA all’importazione da parte dell’esportatore abituale che ha presentato una dichiarazione d’intento ideologicamente falsa. Al fine, tuttavia, di sopperire a tale inconveniente, l’Agenzia delle Entrate intende implementare il sistema telematico affinché essa stessa, prima di rilasciare la ricevuta di avvenuta presentazione della dichiarazione d’intento, sia in grado di accertare l’effettiva disponibilità del plafond di cui viene chiesto l’utilizzo, nonché la ricorrenza della qualifica di esportatore abituale.
È la risposta resa dall’Agenzia delle Entrate in sede di interrogazione parlamentare n. 5-00653 del 10 ottobre 2018, riguardante i profili di responsabilità discendenti dalla presentazione di dichiarazioni d’intento ideologicamente false sottoscritte dall’importatore, privo dello status di esportatore abituale.
Il problema si pone in particolar modo quando le dichiarazioni di importazione sono presentate ricorrendo alla figura del “rappresentante indiretto” che, in quanto tale, integra il ruolo di dichiarante in dogana, con conseguente assunzione della responsabilità per l’assolvimento dell’obbligazione doganale, in solido con il soggetto rappresentato.
L’art. 201 del previgente Reg. CEE n. 2913/1992 (Codice doganale comunitario), al pari dell’art. 77 del vigente Reg. UE n. 952/2013 (Codice doganale dell’Unione), stabilisce che il debitore è il dichiarante e che, in caso di rappresentanza indiretta, è debitrice anche la persona per conto della quale è fatta la dichiarazione in dogana. L’IVA all’importazione, infatti, è un diritto doganale e il rappresentante indiretto ne risponde in via principale a titolo di debitore, seppure in solido con il soggetto rappresentato.
Sul piano nazionale, invece, l’art. 8, comma 3, della L. n. 213/2000, con norma interpretativa dell’art. 2, comma 1, del D.L. n. 746/1983, prevede che “dell’omesso pagamento dell’IVA a fronte di dichiarazione d’intento presentata in dogana rispondono soltanto i cessionari, i committenti e gli importatori che hanno sottoscritto la dichiarazione d’intento, e non anche lo spedizioniere doganale che l’ha presentata”.
Tale disposizione è stata, tuttavia, interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione nel senso di escluderne l’invocabilità nel caso di esercizio della rappresentanza indiretta, pena la violazione del prevalente diritto unionale (sent. 27 marzo 2013, n. 7720).
Per superare, in via definitiva, il problema evidenziato, riguardante la responsabilità degli spedizionieri doganali, in qualità di dichiaranti, l’Agenzia delle Entrate, nella risposta alla richiamata interrogazione parlamentare, ha fatto presente che, “gli uffici stanno lavorando sull’implementazione del sistema telematico gestito dall’Agenzia delle entrate - di cui fruisce anche l’Agenzia delle dogane e dei monopoli - affinché, prima di rilasciare la ricevuta di avvenuta presentazione della dichiarazione d’intento, lo stesso sia in grado di accertare l’effettiva disponibilità del plafond di cui viene chiesto l’utilizzo nonché la ricorrenza dello status di esportatore abituale in capo al soggetto IVA che la invia, garantendo così a tutta la filiera dei soggetti che intervengono a valle nell’operazione doganale - e, in primis, al rappresentante indiretto - la ragionevole certezza della validità e spendibilità del titolo”.