Fatture soggettivamente inesistenti: costi deducibili
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12503 del 22 maggio afferma che i costi derivanti da fatture soggettivamente inesistenti sono deducibili anche se il contribuente ha consapevolmente partecipato agli illeciti, ma il giudice è chiamato a verificarne l'effettività, l'inerenza, la competenza e la certezza.
Nel caso di specie l'Agenzia delle Entrate aveva spiccato avvisi di accertamento contro una società contestando la presentazione di dichiarazioni annuali indefeli a causa di contabilizzazioni di fatture soggettivamente false.
I beni erano stati sicuramente acquistati ma non dal fornitore che aveva emesso le fatture: l'Ufficio, considerandoli costi da reato, procedeva a una rettifica di costi in quanto ritenuti indeducibili.
Secondo la Corte di Cassazione le nuove disposizioni introdotte dal D.L. semplificazioni (art. 8, del Dl 16/2012) hanno integralmente modificato il comma 4-bis dell'articolo 14 della legge 537/1993 in tema di costi da reato: non sono ammessi in deduzione i costi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo, circoscrivendo così l'indeducibilità ai costi "direttamente" utilizzati per il compimento dei reati.
Pertanto, per le fatture soggettivamente inesistenti, poiché non sono acquisti direttamente utilizzati per il compimento di illeciti, è ammessa la deducibilità.
I giudici di legittimità sottolineano però che le modifiche normative non comportano automaticamente la deduzione di tali oneri, essendo necessaria la verifica degli altri requisiti previsti dal Tuir in tema di deduzione di elementi negativi di reddito, ovvero effettività, inerenza, competenza e certezza dei costi.