E’ sufficiente il dolo generico perché si configuri il reato di riciclaggio
Così si è pronunciata recentemente la Corte di Cassazione nella sentenza n. 29020/2018 in cui i giudici di legittimità hanno chiarito la portata dell’elemento psicologico che caratterizza il reato di riciclaggio che si configura quando un soggetto consente il rientro nel mercato di proventi derivanti da attività illecita. I proventi, oggetto del riciclaggio, possono essere costituiti da somme di denaro, beni o, come recita l’articolo 648-bis del Codice Penale, altre utilità; da quanto chiarito dalla Direttiva UE n. 2015/849 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 (c.d. IV direttiva antiriciclaggio), anche i reati tributari possono costituire possibile fonte di proventi illeciti da riciclare (per approfondimento sul tema si veda la Circolare GdF n. 1/2018).
Perché dunque un soggetto sia punito per riciclaggio non è necessario che egli agisca per un fine particolare, ma è sufficiente che egli si rappresenti il fatto, avendone coscienza e volontà.
Il caso
Il caso analizzato dalla Corte di Cassazione traeva origine dalla condotta di un soggetto cui veniva addebitato il reato di riciclaggio per aver messo a disposizione diversi conti correnti intestati a suo nome sui quali venivano riversate somme provenienti da attività illecita svolta da terzi ai quali le somme venivano poi restituite in contanti attraverso prelievi effetuati dal reo.
L’imputato si era difeso nel giudizio di merito, sostenendo di non essere a conoscenza della provenienza illecita delle somme di denaro e lamentando davanti alla Cassazione il fatto che la corte territoriale, motivando la condanna ascritta nei suoi confronti con riferimento alla sussistenza del dolo eventuale (in quanto egli aveva ricevuto ingenti somme, in relazione alle quali non aveva alcun titolo e pertanto aveva accettato il rischio della provenienza delittuosa), si poneva in contrasto con la giurisprudenza di legittimità in base alla quale il dolo eventuale non può essere integrato dal semplice sospetto, ma occorre che l’agente si rappresenti la concreta possibilità della provenienza illecita.
La Suprema Corte tuttavia ha ritenuto infondato il motivo del ricorso, precisando che per la configurazione del reato di riciclaggio è sufficiente la consapevolezza dell’agente in merito alla provenienza delittuosa del denaro, del bene o dell’altra utilità, associata alla volontà di intralciare l’accertamento circa tale provenienza delittuosa dei beni suddetti. Nel caso di specie, l’imputato aveva effettuato operazioni tese ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro progettate ed eseguite con modalità frammentarie e progressive, iniziate con le attività di versamento del denaro sui conti dell'imputato e il trasferimento da conti esteri e continuate con il prelievo e la restituzione in contanti agli effettivi titolari delle somme da ripulire. Queste azioni, secondo gli ermellini, sono di per sé sufficienti ad integrare la fattispecie di riciclaggio. Ricordano sul punto i giudici che il reato di riciclaggio è un reato a consumazione istantanea e a forma libera che può anche muovere a reato eventualmente permanente quando il suo autore lo progetti e lo esegua con modalità frammentarie e progressive (Sez. 2, n. 29611 del 27/04/2016 - dep. 13/07/2016, P.M. in proc. Bokossa e altro, Rv. 26751101; Sez. 2, n. 34511 del 29/04/2009 - dep. 07/09/2009, Raggio, Rv. 24656101). Laddove la suddetta ipotesi di reato si perfezioni attraverso la messa a disposizione di un proprio corrente bancario su cui versare prima il denaro provento di un illecito e poi compiere operazioni di sostituzione dello stesso della più varia forma (bonifici-emissione di assegni bancari o circolari-acquisto di fondi di investimento, titoli di stato etc.), il reato si manifesta attraverso una serie continua e reiterata di operazioni illecite, tali da dovere fare ritenere la struttura dello stesso rientrante nelle ipotesi di reato istantaneo a consumazione prolungata. Similmente al delitto di usura quindi anche il delitto di riciclaggio appare configurabile secondo il duplice e alternativo schema della fattispecie tipica del reato, che pure mantiene intatta la sua natura unitaria e istantanea, ovvero con riferimento alla struttura dei delitti cosiddetti a condotta frazionata o a consumazione prolungata (Sez. 1, n.11055 del 19/10/1998, Rv. 211610).
I singoli e frammentati episodi descritti devono pertanto ritenersi espressione della disponibilità permanente dell’agente, che, con coscienza e volontà, consente l'utilizzo di diversi conti correnti a lui riferibili, prestandosi a reiterate operazioni di riciclaggio.