Lavoro

Legittimo il licenziamento del dipendente che registra una conversazione del superiore per utilizzarne il contenuto come prova in giudizio


Con l’ordinanza n.11999 del 16 maggio 2018, la Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’appello dell’Aquila che a sua volta aveva convalidato la decisione di primo grado sulla legittimità di un licenziamento disciplinare ordinato nei confronti di un lavoratore che aveva leso la riservatezza del suo superiore registrando occultamente una conversazione telefonica tra questi ed un altro dipendente oltre che una riunione aziendale e utilizzandone il contenuto al fine di sporgere querela contro il superiore.

I giudici di merito avevano, infatti, ritenuto che tale condotta fosse evidentemente lesiva dei doveri di fedeltà e dei principi generali di correttezza e buona fede che un dipendente deve mantenere nei confronti del datore di lavoro e che costituendo una grave violazione del diritto di riservatezza dei colleghi, doveva essere considerata una giusta causa di licenziamento.

Sul tema del diritto alla riservatezza e del licenziamento intimato per tale lesione, i giudici di legittimità si sono pronunciati diverse volte e, cercando un bilanciamento tra il diritto di difesa in giudizio e il diritto alla riservatezza, entrambi di matrice costituzionale, hanno chiarito, in più occasioni, che la produzione in un giudizio intentato nei confronti del datore di lavoro di copia di atti aziendali che riguardino direttamente la posizione lavorativa del lavoratore, non fa venir meno i doveri di fedeltà del dipendente, di cui all’art. 2105 c. c., tenuto conto che l’ esatta applicazione della normativa processuale in materia è idonea a impedire una vera e propria divulgazione della documentazione aziendale, posto che, in ogni caso, al diritto di difesa in giudizio deve riconoscersi prevalenza rispetto alle eventuali esigenze di segretezza di un’azienda (si veda, tra le altre conformi Cass. n. 6501 del 2013). Occorre dunque valutare la legittimità delle modalità di apprensione ed impossessamento dei documenti portati in giudizio, atteso che tali modalità potrebbero di per sé concretare ipotesi delittuose, o comunque integrare la giusta causa di licenziamento.

A tal proposito, dunque, ciò che rileva è il modo in cui le informazioni prodotte davanti ai giudici sono state acquisite: se tali informazioni sono state assunte registrando conversazioni all’insaputa dei conversanti siamo di fronte alla lesione degli standards di comportamento imposti dal dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c. e da una condotta che compromette irreparabilmente il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore.

Al pari, nell’odierno caso, gli ermellini hanno confermano il proprio orientamento, ribadendo negli stessi termini che la registrazione di conversazioni tra presenti all’insaputa dei conversanti, configurando una grave violazione del diritto alla riservatezza, costituisce un motivo valido per licenziare il dipendente che ha proceduto subdolamente a tale registrazione (conformi Cass. n. 26143 del 2013, Cass. n. 16629 del 2016).