Lavoro

Legittimo il licenziamento del rappresentante sindacale che accusa il datore sul blog aziendale senza addurre prove concrete


La Corte di Cassazione con sentenza n. 10897 del 7 maggio 2018, ha integralmente confermato la decisione dei giudici di merito con cui era stato convalidato il licenziamento di un dipendente con funzioni di rappresentanza sindacale, reo di aver pubblicato sul blog aziendale due articoli a suo nome in tema di welfare aziendale in cui aveva attribuito all’azienda datrice di lavoro la diffusione di dati falsi nel Piano welfare aziendale, senza addurre le prove concrete della tesi sulla falsità da lui sostenuta.

La Corte d’appello, che aveva confermato la decisione del Tribunale espressosi in favore del licenziamento, aveva chiarito che, sebbene il ruolo di rappresentante sindacale del dipendente lo ponesse in materia di welfare su un piano paritario rispetto al datore di lavoro, abilitandolo ad esercitare il diritto di critica, tale diritto può essere legittimamente esercitato sempre nei limiti del rispetto oggettivo della verità. Un limite, invece, superato in questo caso dal dipendente che, divulgando sul blog e sulla newsletter aziendale (due strumenti con un alto tasso di pubblico) degli articoli con cui aveva addebitato alla datrice di lavoro la diffusione di dati falsi in materia di welfare, non ne aveva contestualmente provato la effettiva falsità. Queste circostanze pertanto costituivano una valida causa di licenziamento, in quanto lesive in maniera irrimediabile del vincolo fiduciario.

Argomentazioni confermate dei giudici della Cassazione che hanno ritenuto corrette le valutazioni formulate dai giudici di merito sull’assenza negli articoli degli elementi che avrebbero dovuto opportunamente provare l’attribuzione della falsità dei dati diffusi dall’azienda. Né la Cassazione ha considerato ammissibile la contestazione formulata dal dipendente, in relazione alla tempestività della contestazione e della successiva sanzione. A tal proposito, il dipendente ricorrente aveva denunciato la violazione dell’art. 7 della legge n. 300/70 e degli artt. 1175 e 1375 c.c., in relazione all'art.360, primo comma n.3 c.p.c., per carenza di motivazione riferita alla concreta e corretta applicazione del principio della immediatezza della contestazione. Il ricorrente deduceva a sua difesa che, sebbene il datore avesse espresso precedenti critiche, aveva assunto posizione ufficiale nei suoi confronti tardivamente e quindi non rispettando i principi di immediatezza della contestazioni fissati dall’art. 7 cit. In tal caso, tuttavia i giudici d’appello avevano considerato compatibili, come del resto aveva fatto anche il tribunale, i tempi intercorsi tra i fatti addebitati e la contestazione, prendendo in considerazione gli articoli redatti dal ricorrente e i tempi necessari ad accertamenti complessi, data la realtà aziendale articolata (Cass. n. 281/2016; Cass. n. 10069/2016).

Licenziamento valido, dunque, in quanto la condotta del dipendente si è dimostrata lesiva in maniera irreparabile della fiducia necessaria in un rapporto di lavoro. Il rappresentante sindacale avrebbe dovuto provare nel concreto le insinuazioni mosse contro il datore, anche in considerazione degli strumenti utilizzati, il blog e la newsletter aziendale, che hanno contribuito all’alto livello di diffusione degli articoli.