Lavoro

Giusto licenziare dipendente offende azienda post Facebook anche se non menziona espressamente il nome dell’organizzazione


Per la Cassazione, che ha confermato la decisione dei giudici di merito, si tratta di giusta causa di licenziamento, in quanto la condotta integra un comportamento idoneo ad incrinare irrimediabilmente il vincolo fiduciario coessenziale al rapporto di lavoro.

La dipendente licenziata aveva pubblicato un post nella propria bacheca Facebook in cui si riferiva in maniera spregiativa al suo posto di lavoro anche senza direttamente nominare l’azienda o i propri superiori. Tale post era stato ritenuto diffamatorio dai giudici di merito che avevano per questo convalidato il licenziamento disciplinare ritenendolo proporzionato alla condotta che, per il modo in cui si era concretizzata, comportava l’impossibile prosecuzione del rapporto di lavoro, in quanto lesiva in maniera irrimediabile della fiducia tra le parti contrattuali.
Nel proprio ricorso, la dipendente evidenziava che il post non poteva essere qualificato come diffamazione, ma si sostanziava più in un mero sfogo personale privo di manifesto disprezzo al decoro e all’immagine dell’organizzazione aziendale, pertanto il licenziamento, quindi il recesso dal contratto di lavoro da parte del datore doveva ritenersi sproporzionato rispetto alla condotta e disposto senza considerare l’assenza dell’intenzionalità nel comportamento della lavoratrice. I giudici di merito quindi non avrebbero ben valutato l’elemento soggettivo, violando così l’art. 2119 c.c., in quanto le modalità espressive usate dovevano considerarsi usuali nel linguaggio sociale come forme verbali critiche, dirette a manifestare un proprio disagio, avvertito come intollerabile rispetto all’organizzazione del lavoro ritenuta inadeguata, senza riferire le espressioni diffamatorie a soggetti direttamente individuabili.

La pronuncia della Cassazione

La Cassazione però nella propria decisione (Cass. n. 10280 del 27 aprile 2018) ha chiarito che, al fine di ritenere integrata la giusta causa di licenziamento, non è necessario che l’elemento soggettivo della condotta del lavoratore si presenti come intenzionale o doloso, nelle sue possibili e diverse articolazioni, posto che anche un comportamento di natura colposa, per le caratteristiche sue proprie e nel convergere degli altri indici della fattispecie, può risultare idoneo a determinare una lesione del vincolo fiduciario così grave ed irrimediabile da non consentire l'ulteriore prosecuzione del rapporto (Cass. n. 13512 dell’1.7.2016). Tra l’altro, sottolineano i giudici di legittimità, in tema di licenziamento disciplinare o per giusta causa, è un principio ormai consolidato il fatto che la valutazione della gravità dell’evento in relazione al venir meno del rapporto fiduciario che deve sussistere tra le parti non va operata in astratto, bensì con riferimento agli aspetti concreti legati alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidabilità richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonché alla portata soggettiva del fatto, ossia alle circostanze del suo verificarsi, ai motivi e all'intensità dell'elemento intenzionale o di quello colposo (Cass. n. 16283 del 26.7.2011).
Riferendosi dunque alle circostanze concrete della vicenda, i giudici hanno ritenuto che la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “Facebook” integri un’ipotesi di diffamazione, per la potenziale capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, posto che il rapporto interpersonale, proprio per il mezzo utilizzato, assume un profilo esteso ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una continua attività di socializzazione. Ciò comporta che la condotta di postare un commento sul social network realizza la pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone, comunque, apprezzabile per composizione numerica, con la conseguenza che, se, come nella specie, lo stesso è offensivo nei riguardi di persone facilmente individuabili (sebbene non espressamente menzionate), la relativa condotta integra gli estremi della diffamazione e come tale correttamente il contegno è stato valutato in termini di giusta causa del recesso, in quanto idoneo a recidere il vincolo fiduciario nel rapporto lavorativo.