Fisco

Dichiarazione integrativa: l'invio salva dalla pretesa erariale


Dichiarazione integrativa: il caso di specie

Il caso di specie riguarda un contribuente che, a seguito di un controllo automatizzato, si è visto notificare una cartella di pagamento per imposte dichiarate e non versate.
Il contribuente ha impugnato la cartella affermando che l'iscrizione a ruolo dipendeva da un'errata compilazione della dichiarazione rettificata in seguito con dichiarazione integrativa.
Impugnazione accolta sia in primo che in secondo grado, con conseguente ricorso in Cassazione dell'Amministrazione finanziaria.

Dichiarazione integrativa: la sentenza della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5728 del 9 marzo 2018, conferma quanto stabilito in primo e secondo grado affermando che:
"Il contribuente che, nel redigere la dichiarazione fiscale, abbia riconosciuto a suo danno importi in misura superiore a quelli effettivi senza procedere anche al pagamento della maggiore imposta può, in sede giudiziale e senza limiti sostanziali o temporali, opporre alla pretesa dell'Amministrazione per l'omesso o insufficiente versamento che l'originaria dichiarazione era viziata da un errore di fatto o di diritto; ove, invece, all'erronea dichiarazione abbia anche fatto seguito, in tutto o in parte, il pagamento del maggior importo non dovuto, il contribuente è tenuto ad esperire le procedure di rimborso, nel rispetto delle modalità e dei termini di decadenza previsti, esclusa la possibilità di opporre, in giudizio, l'eventuale credito vantato per l'indebito pagamento."