Rimborso IVA con termine di decadenza che decorre dal possesso della fattura
Se l’IVA è stata addebitata in fattura soltanto in sede di regolarizzazione dell’operazione, il termine di decadenza del diritto di rimborso decorre non già dalla data della consegna dei beni, ma da quella (successiva) in cui il cliente è venuto in possesso della fattura corretta, che espone l’imposta chiesta in restituzione.
Nel caso di specie (Corte UE 21 marzo 2018, causa C-533/16), alcune società slovacche hanno effettuato, negli anni 2004-2010, cessioni interne di beni nei confronti di una società tedesca, emettendo erroneamente fatture senza applicazione dell’IVA. La riemissione delle fatture corrette, con addebito dell’imposta locale, è avvenuta nell’anno 2011 e ha comportato la richiesta di rimborso avanzata dalla società tedesca alle Autorità fiscali slovacche in base alla procedura di cui alla Direttiva n. 2008/9/CE.
Il rimborso è stato negato per gli acquisti riferiti al periodo 2004-2006, in considerazione dell’intervenuta decadenza del termine quinquennale previsto dalla normativa locale per l’esercizio del diritto alla restituzione dell’IVA, che secondo le Autorità fiscali slovacche decorrerebbe dalla data di effettuazione delle cessioni e non dalla successiva data di ricezione delle fatture recanti l’addebito dell’imposta.
Conclusioni dell'Avvocato generale
Come già osservato dall’Avvocato generale, nelle conclusioni presentate il 26 ottobre 2017, il “dies a quo” del diritto di rimborso non può essere fissato esclusivamente in base al momento nel quale ha luogo la cessione dei beni, a prescindere da qualsiasi altra circostanza rilevante. Sebbene, conformemente all’art. 167 della Direttiva n. 2006/112/CE, il diritto di detrazione sorga contestualmente all’esigibilità dell’imposta, il suo esercizio è possibile, ai sensi dell’art. 178 della medesima Direttiva, solo dal momento in cui il soggetto passivo entra in possesso della relativa fattura.
La separazione tra il momento della nascita e quello dell’esercizio del diritto a detrazione si spiega con il funzionamento dell’IVA, vale a dire osservando che, all’atto dell’acquisto dei beni, il soggetto passivo versa al proprio fornitore l’imposta inclusa nel prezzo dei prodotti che sono utilizzati, generalmente, per compiere operazioni imponibili. Tuttavia, ai fini della gestione dell’imposta, la detrazione dell’IVA già pagata può essere fatta valere nelle successive liquidazioni, comprovate o accompagnate, a seconda dei casi, dalle fatture corrispondenti, in quanto mezzo probatorio imprescindibile per fruire della detrazione (o del rimborso).
Pertanto, il diritto di detrazione pone in relazione due pagamenti dell’IVA: da un lato, quello effettuato dal soggetto passivo per la cessione dei beni acquistati presso il fornitore e, dall’altro, quello effettuato dal cliente del soggetto passivo, allorché quest’ultimo gli cede i propri prodotti. Le fatture costituiscono la prova dell’esistenza delle relative operazioni e del pagamento del prezzo, che deve comprendere l’importo dell’IVA risultante dall’applicazione della corrispondente aliquota d’imposta.
La Direttiva n. 2006/112/CE
L’art. 167 della Direttiva n. 2006/112/CE considera il caso normale, in cui la cessione di beni, il loro pagamento e l’emissione della fattura indicante l’importo dell’IVA sono simultanei. In questa situazione, è logico che l’esigibilità dell’imposta e il diritto di detrazione sorgono nello stesso momento.
Per contro, un contesto come quello esaminato dalla Corte di giustizia può essere considerato eccezionale sotto il profilo dell’esigibilità dell’imposta, in quanto il cessionario – al momento della ricezione dei beni – non ha versato l’IVA al proprio fornitore non avendo ricevuto una fattura che indicasse l’imposta e che le consentisse di esercitare la detrazione.
La situazione è cambiata quando, nel 2010, i fornitori slovacchi hanno regolarizzato le operazioni erroneamente considerate detassate, riscuotendo l’imposta dalla società tedesca e provvedendo al relativo versamento all’Erario.
È, infatti, a seguito di tale regolarizzazione che risultano soddisfatte le condizioni sostanziali e formali per l’esercizio della detrazione e che, pertanto, la società tedesca ha diritto di chiedere il rimborso, a nulla rilevando la data anteriore di consegna dei beni.
Di conseguenza, la Corte ha affermato che “il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro in forza della quale, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, – nelle quali l’IVA è stata fatturata al soggetto passivo e versata da quest’ultimo diversi anni dopo la cessione dei beni di cui trattasi – è negato il diritto al rimborso dell’IVA, con la motivazione che il termine di decadenza previsto dalla suddetta normativa per l’esercizio di tale diritto sarebbe iniziato a decorrere dalla data della consegna e sarebbe scaduto prima della presentazione della domanda di rimborso”.