Fisco

Il reato di evasione dell’IVA all’importazione permane su chiunque venga in possesso della merce


Il reato di evasione dell’Iva all’importazione non rientra tra i reati istantanei che si perfezionano nel momento in cui sorge il diritto erariale a pretendere il pagamento dell’imposta, bensì ha natura di reato permanente,, la cui consumazione si esaurisce solo quando cessa l’attività diretta a consentire la illecita circolazione della merce nel territorio dello Stato senza il pagamento dell’IVA dovuta all’importazione. Pertanto, al pari del reato di contrabbando, il suddetto reato di evasione dell’IVA è configurabile nei confronti di tutti coloro che, venuti successivamente in possesso della merce che non ha assolto il tributo, cooperino nel protrarne la illegittima circolazione anche con la semplice detenzione, senza che sia possibile distinguere tra importatori abusivi iniziali od originari e detentori successivi per effetto di plurimi passaggi (Sez. 3, n. 1564 del 06/11/1985).

Con questa motivazione, la Corte di Cassazione (sentenza n. 56264/2017) ha rigettato in parte il ricorso del procuratore generale della Corte d’appello di Genova che aveva impugnato la decisione dei giudici d’appello, i quali, diversamente dai colleghi di prime cure, avevano ritenuto prescritto il reato di evasione dell’IVA all’importazione contestato nei confronti di un contribuente che aveva importato un’imbarcazione omettendo di versare l’IVA dovuta in base all’art. 70 d.p.r. n. 633 del 1972, mediante l’indebita iscrizione dell’imbarcazione nel registro internazionale previsto dal DL n. 457 del 1997, convertito nella L. n. 30 del 1998, riservato alle navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali, dalla quale iscrizione consegue, tra gli effetti agevolativi, l’esenzione dal pagamento dell’IVA ai sensi dell’articolo 8-bis del d.p.r. n. 633 del 1972.

La Cassazione ha rigettato il ricorso del procuratore sul presupposto che il tributo relativo all’IVA dovuta all’importazione non rappresenta un diritto doganale di confine, di conseguenza nei confronti del contribuente non si configurava il reato di contrabbando originariamente contestato in concorso con la violazione di cui al citato art. 70. I giudici della Cassazione hanno dato così ragione alla Corte d’appello che aveva dichiarato estinto per prescrizione il reato, essendo interamente decorso il termine prescrizionale decorrente dal momento in cui l’imbarcazione fu iscritta nel registro internazionale. Il delitto di evasione dell’IVA sulle importazioni, dicono gli ermellini, ha un carattere di antigiuridicità che permane oggettivamente sulla merce, abusivamente importata, in ogni vicenda successiva e coinvolge ogni susseguente atto di vendita o di trasporto della merce medesima (Sez. 3, n. 4245 del 04/03/1987): le merci vengono indebitamente sottratte al pagamento dell’imposta al momento dell’importazione e continuano a mantenere il loro stato di illegittimità anche dopo l’abusiva introduzione nello Stato, poiché il tributo grava sulla merce e permane fino a che non viene assolta l’obbligazione tributaria. Da ciò, la conseguenza che il reato è configurabile verso tutti coloro che entreranno in possesso della merce che non hanno assolto il tributo, a condizione ovviamente che chi la detiene abbia precisa consapevolezza della sua origine.

Se quindi la merce continua a mantenere la sua condizione di illegittimità anche dopo l’introduzione nel territorio dello Stato, il tributo va configurato non come una semplice tassa di passaggio, ma grava sulla merce cosicché la situazione antigiuridica perdura sino a quando è possibile l’adempimento dell’obbligazione tributaria. Nonostante, l’inquadramento dell’illecito nella categoria dei reati permanenti, i giudici hanno ritenuto comunque maturata la prescrizione nel caso di specie, in quanto la permanenza del reato si considera cessata con il sequestro dell’imbarcazione che ha segnato il momento consumativo del reato stesso.