Non perde la tutela risarcitoria ma solo quella restitutoria chi impugna il licenziamento e non la delibera di esclusione da socio
“In tema di tutela del socio lavoratore di cooperativa, in caso d’impugnazione, da parte del socio, del recesso della cooperativa, la tutela risarcitoria non è inibita dall’omessa impugnazione della contestuale delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni, afferenti al rapporto di lavoro, mentre resta esclusa la tutela restitutoria”.
Questo il principio di diritto espresso dalla sentenza della Cassazione n. 27436 che il 20 novembre scorso si è espressa a Sezioni Unite in un caso in cui il socio lavoratore di una cooperativa era stato escluso come socio e licenziato per giusta causa, impugnando il licenziamento, ma non la deliberazione di esclusione quale socio.
Il Tribunale di Torino aveva ritenuto illegittimo il licenziamento, accordando al socio lavoratore il reintegro nel posto di lavoro come previsto dall’art. 8 L. n. 604/66 e affermando l’applicabilità al rapporto, ai fini del trattamento retributivo, del c.c.n.l. Multiservizi. La Corte d’appello, nel rigettare l’appello principale della cooperativa e nell’accogliere quello incidentale del socio lavoratore, aveva sostenuto che, al cospetto dei due contestuali atti estintivi, di esclusione dalla cooperativa e di licenziamento, potesse essere impugnato anche soltanto il secondo, senza necessità d’impugnare il primo, escludendo nel merito, la sussistenza della giusta causa di recesso e riconoscendo al lavoratore le dovute mensilità.
Il ricorso in Cassazione
La cooperativa promuoveva così ricorso in Cassazione, sostenendo che, nel caso di esclusione dalla società cooperativa e di contestuale licenziamento del socio lavoratore, l’omessa impugnazione della delibera di esclusione preclude quella del licenziamento. La Cassazione, rilevando orientamenti contrastanti in materia, si è pronunciata sulla questione a Sezioni Unite, chiarendo innanzitutto che, in ragione del 2° comma dell’art. 5 della L. n. 142/01, la cessazione del rapporto associativo trascina con sé ineluttabilmente quella del rapporto di lavoro, sicché il socio lavoratore, qualora perda la qualità di socio non può più essere lavoratore; tale effetto estintivo impedisce senz’altro, in mancanza d’impugnazione della delibera che l’abbia prodotto, di conseguire il rimedio della restituzione della qualità di lavoratore. Se però la tutela restitutoria è preclusa dall’omessa impugnazione della delibera di esclusione (cfr. Cass. n. 9916/16, cit.; n. 2802/15; n. 11741/11), essa risulta comunque del tutto estranea ed autonoma rispetto alla tutela reale prevista dall’art. 18 dello statuto dei lavoratori.
L’effetto estintivo di per sé, infatti, non esclude l’illegittimità del licenziamento, come del resto non esclude l’illegittimità della stessa delibera di esclusione che sia fondata su medesimi fatti; né cancella l’interesse a far valere l’illegittimità del recesso; anzi: proprio perché la delibera di esclusione, essendo efficace, produce anche l’effetto estintivo del rapporto di lavoro, che continua a produrre effetti per mancanza d’impugnazione della fonte che l’ha determinato, viene a configurarsi un danno. Ed al danno si può porre rimedio con la tutela risarcitoria, che di certo può essere esperita qualora il rapporto non si ripristini.
L’accoglimento della domanda risarcitoria non travolge gli effetti della delibera di esclusione né impedisce che essa continui a produrli, ciò perché la domanda ha per oggetto il diritto ad un ristoro per il danno da licenziamento illegittimo. Pretendere che chi intenda chiedere soltanto la tutela risarcitoria derivante dall’illegittima cessazione del rapporto di lavoro debba impugnare la delibera di esclusione, equivarrebbe ad assoggettare la fruizione della prima ad un presupposto proprio della tutela restitutoria conseguente all’invalidazione dell’esclusione; laddove, in virtù dell’art. 24 Cost., spetta al titolare della situazione protetta scegliere a quale tutela far ricorso per poter ottenere ristoro del pregiudizio subito.