Diritto

I premi fedeltà erogati per il fatturato raggiunto non possono essere detratti


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25260 del 25 ottobre scorso con cui ha accolto il ricorso delle Entrate avverso la decisione della CTR della Lombardia che aveva ritenuto illegittimo l’accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato la dichiarazione Iva di una concessionaria di pubblicità, riprendendo a tassazione l’imposta portata in detrazione in ordine ai premi impegnativa versati a titolo gratuito dalla stessa concessionaria in favore di un centro media.

La Corte di Cassazione ha infatti chiarito che la decisione della CTR secondo cui, pur non sussistendo contratti scritti tra le parti (concessionaria e centro media), i diritti di negoziazione sono da qualificare come corrispettivi tipici “che appartengono al modello dei contratti di intermediazione, in quanto i Centri Media svolgono un vero e proprio servizio di procacciamento di clientela, vale adire prestano servizi dietro corrispettivi, che realizzano il presupposto del tributo” risulta errata, in quanto se all'obbligazione unilaterale di corrispondere un "premio", assunta dalla concessionaria a condizione del verificarsi di un evento futuro ed incerto (nella specie il raggiungimento di un fatturato superiore ad un ammontare determinato) non corrisponde alcuna assunzione di un'obbligazione di facere (o comunque avente ad oggetto una prestazione di servizi) a carico del soggetto destinatario del premio, che resta libero di attivarsi o meno per conseguirlo, non può parlarsi di contratto a prestazioni corrispettive. La mancata realizzazione del risultato o il mancato procacciamento di clienti o ancora il mancato svolgimento dell'attività di intermediazione non integra, infatti, a carico del destinatario del premio una responsabilità per inadempimento contrattuale (Cass., Sez. V, n. 24510-2015; Cass., Sez. V, n. 24789/2015; Cass., sez. VI - T, n. 17021/2014).

Il negozio stipulato tra le parti deve essere pertanto qualificato come proposta contrattuale con obbligazioni a carico di una sola parte, sottoposta alla condizione sospensiva dell'avveramento dell'evento indicato (realizzazione di un determinato fatturato), non ostandovi la nullità prevista dall'art. 1355 c.c. concernente l'apposizione della condizione sospensiva meramente potestativa, perché il verificarsi dell'evento non è rimesso alla volontà "mera" di una delle parti contraenti, ma è rimesso ad un soggetto (il destinatario della proposta) che non riveste al momento della ricezione della proposta irrevocabile ex art. 1333 c.c. la qualità di parte contraente-obbligata all'adempimento di una prestazione (ma soltanto quella di oblato, cui è rimessa la scelta di impedire la conclusione del contratto unilaterale mediante comunicazione del proprio rifiuto ex art. 1333 cod. civ.).  Si tratta di un contratto atipico non sinallagmatico che neppure in conseguenza dell'avveramento dell'evento si trasforma in un contratto a prestazioni corrispettive a titolo oneroso, in quanto il risultato del raggiungimento di un determinato fatturato mediante l'attività svolta dalla destinataria del premio è stato dedotto in contratto come condizione e non come obbligazione.

Il premio, pertanto, non può essere qualificato come "corrispettivo" ai sensi dell'art. 3, 1° comma, del d.p.r. n. 633 del 1972, poiché ciò che sottende ad esso non è un contratto di natura sinallagmatica tra le società e va piuttosto configurato come mera cessione di denaro, non assoggettabile ad IVA ai sensi dell'art. 2, 30 comma, lett. a), del d.p.r. n. 633 del 1972.