Diritto

Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte si verifica anche se l’attività recuperatoria del Fisco viene complicata


A seguito di accertamento fiscale per imposte evase, la società accertata aveva posto in essere una serie di cessioni di quote verso società fiduciarie estere, trasferendo all’estero anche la sede legale; era stata per questo condannata in primo grado, sentenza confermata anche in grado d’appello, per il reato di sottrazione fraudolenta delle imposte, di cui all’art. 11 del D. Lgs. n. 74/2000. I giudici d’appello avevano, nello specifico, affermato che le cessioni di ramo d’azienda, effettuate dalla contribuente, avevano avuto l'effetto di impedire di aggredire immediatamente i cespiti da parte dei creditori della cedente privi di un diritto di garanzia reale iscritto, tra cui appunto lo Stato per le imposte dirette ed indirette oggetto degli avvisi di accertamento, che per recuperare i suoi crediti poteva solo esperire un’azione revocatoria, pertanto, il trasferimento della sede legale all’estero e il passaggio delle quote a soggetti con sede estera costituivano di fatto un ostacolo al pignoramento e alla liquidazione delle quote sociali.

La contribuente ha impugnato la decisione dei giudici d’appello davanti alla Cassazione ritenendo che la sua condotta non configurasse il reato contestato, in quanto le operazioni effettuate di fatto (la cessione di quote sociali e il conferimento di ramo d'azienda) non potevano ritenersi illecite, in quanto non avevano depauperato il patrimonio sociale.

Ma la Cassazione (Sentenza n. 29243/2017) ha ritenuto infondato il ricorso, chiarendo che il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all’art.11 del d.lgs. n. 74 del 2000 presenta natura di reato di pericolo: ai fini della configurabilità del reato è infatti sufficiente la realizzazione di condotte, che la norma individua in alienazioni simulate o in altri atti fraudolenti, semplicemente idonee a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria (cfr., da ultimo, Sez. 3, n. 3011 del 05/07/2016, dep. 20/01/2017; Sez. 3, n. 13233 del 24/02/2016) ovvero a mettere a repentaglio la realizzazione della pretesa tributaria, anche solo rendendo più difficile una eventuale procedura esecutiva, senza che, quindi, sia necessario che la stessa venga resa non più possibile.

In definitiva, la condotta penalmente rilevante può essere costituita da qualsiasi atto o fatto fraudolento intenzionalmente teso a ridurre la capacità patrimoniale del contribuente stesso, riduzione da ritenersi, con un giudizio ex ante, idonea sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, a vanificare in tutto od in parte, o comunque rendere più difficile una eventuale procedura esecutiva (Sez. 3, n.39079 del 09/04/2013, dep. 23/09/2013). Secondo tale prospettiva, le deduzioni del ricorrente circa l’impossibilità di includere, tra le condotte illecite, la cessione di quote sociali e il conferimento di ramo d’azienda non possono trovare accoglimento.

In altri termini, dunque, se anche la sottrazione dei beni all’azione esecutiva dell’Erario viene resa solo concretamente possibile e non necessariamente realizzata, ciò basta perché si configuri il reato in oggetto.