Le auto d’epoca hanno capacità contributiva e come tali costituiscono validi indici presuntivi ai fini dell’accertamento
Così la Cassazione con l’ordinanza n. 15899 del 26 giugno scorso, ha ritenuto valido l’accertamento con metodo sintetico effettuato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente e basato su indici presuntivi quali immobili, automobili, motocicli, auto storiche, diversamente da quanto invece deciso dalla CTR del Piemonte, secondo cui l’accertamento doveva ritenersi parzialmente illegittimo perché le autovetture possedute dal contribuente, rientrando nella categoria auto d’epoca, non potevano considerarsi beni indicativi della capacità contributiva al pari delle autovetture ordinarie, in quanto non avendo un’utilizzazione quale bene produttivo di reddito ma, unicamente, valore affettivo ed essendo, anzi, soggette a limitazioni tali da garantirne l'uso sporadico, non potevano essere considerate beni evidenzianti una reale manifestazione di capacità contributiva, di conseguenza, secondo i giudici di merito, andava riconsiderata la gradazione dei beni compresi nel prospetto di calcolo esposto dal Fisco, dove dette auto venivano considerate beni di libero utilizzo. I giudici tributari d’appello avevano ritenuto, quindi, di dare a tali beni un diverso valore rispetto a quello presuntivo.
Ma la Cassazione, accogliendo il ricorso delle Entrate, ha chiarito che disporre di auto d’epoca come degli altri beni previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cosiddetto redditometro, costituisce una presunzione di "capacità contributiva" da qualificare "legale" ai sensi dell'art. 2728 cod. civ. perché è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità la esistenza di una "capacità contributiva". Pertanto, il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici "elementi indicatori di capacità contributiva" esposti dall’Amministrazione finanziaria, non ha il potere di togliere a tali "elementi" la capacità presuntiva "contributiva" che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile o perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma (principio statuito da Cass. n. 16284 del 23/07/2007 e costantemente seguito anche di recente cfr. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 17487 del 01/09/2016).
Secondo un orientamento oramai consolidato, “in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dalla norma, riguardanti il cosiddetto redditometro, dispensa l’amministrazione finanziaria da qualunque ulteriore prova rispetto all'esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, giacché tali beni restano individuati nei decreti stessi”. Di conseguenza, secondo i giudici di legittimità, è legittimo l’accertamento fondato sui predetti fattori-indice, provenienti da parametri e calcoli statistici qualificati (come pure il possedere auto storiche), restando a carico del contribuente, provare che il reddito presunto non esiste o è inferiore (Cass. 9539/2013; id. 16192/2016).