Diritto

Fatture passive fittizie per operazioni inesistenti: la Cassazione chiarisce il concetto di “inesistenza soggettiva”


I fatti

Il GIP del Tribunale di Torino aveva ordinato il sequestro dei beni di una srl ascrivendo all’amministratore della società, tra gli altri, il delitto di cui all’art. 2 del D. Lgs. n. 74/2000, in quanto questi commissionava formalmente ad altre imprese, operanti nel medesimo settore di attività della srl, l’esecuzione di prestazioni in favore della srl stessa; servizi che in realtà venivano nel concreto svolti da personale che solo ufficialmente risultava essere alle dipendenze delle aziende, ma che di fatto era organizzato e gestito dalla srl. Per i fatti innanzi descritti, veniva contestato all’amministratore della srl di aver presentato all’erario elementi passivi fittizi per operazioni mai effettuate, in quanto espletate da imprese di fatto organizzate e gestite dalla medesima committente, realizzando così un profitto coincidente con il risparmio di imposta ricavato dall’indicazione delle suddette fatture nelle dichiarazioni fiscali.
Tanto premesso, l’amministratore della srl propone ricorso per Cassazione per violazione ed erronea applicazione dell’art.2 d.lgs. n. 74/2000, in ordine all’utilizzo di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti alla stessa ascritte, in quanto, come argomentato nel ricorso, le aziende di cui la srl si avvaleva, mediante appositi contratti di servizio, erano imprese di fatto esistenti, indipendenti e operanti nel settore, avendo una propria autonomia patrimoniale, dipendenti e ulteriori e diversi clienti. Ragion per cui, sarebbe esclusa dalla stessa ricostruzione della vicenda operata dal provvedimento impugnato l'ipotesi che le fatture emesse da tali imprese in favore della committente fossero soggettivamente false, trattandosi di ipotesi criminosa che ricorre solo allorquando nell'operazione fiscalmente rilevante intervenga un interposto fittizio ovverosia un soggetto che nella realtà non ha svolto alcun ruolo.

La decisione della Corte

I giudici della Cassazione chiariscono, in via preliminare, nella loro pronuncia (sentenza n. 20875/2017) che le fatture inesistenti, integranti il reato previsto dall’art.2, d.lgs n.74/2000, sono solo quelle la cui componente di falsità è presente sin dall’origine, ossia dalla relativa emissione che si considera perfezionata, in base alle disposizioni tributarie, quando il documento esce dalla sfera giuridica del soggetto che lo ha originato e che pertanto o attestano operazioni mai avvenute oppure documentano un prezzo maggiore o minore rispetto a quello reale (fatture oggettivamente inesistenti) o attestano un'operazione effettivamente avvenuta, ma non fra i soggetti indicati nel documento (fatture soggettivamente inesistenti). Considerata la ratio della disposizione in esame, volta a consentire la corretta riscossione dell’IVA e delle altre imposte, ne consegue che i soggetti che, in realtà, non hanno preso parte all'operazione e sono invece indicati nel documento non devono essere a loro volta necessariamente inesistenti, e cioè corrispondenti a nomi di fantasia o società fantasma, essendo sufficiente che si tratti di soggetti diversi sotto il profilo dell'identità da quelli effettivi.

Pertanto, i giudici della Cassazione ritengono, seguendo un orientamento costante nella giurisprudenza di legittimità, che nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 D. Lgs. n. 74/2000), la falsità può anche essere riferita ai soggetti con i quali è intercorsa l'operazione, configurandosi l'inesistenza soggettiva allorquando venga ivi riportata l'indicazione di nominativi diversi rispetto agli effettivi partecipanti dell'operazione imponibile al fine di evadere l’IVA o le imposte dirette.

Il reato di cui all’art. 2 D. Lgs. n. 74/2000, rubricato Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, si configura dunque anche quando le imprese formalmente incaricate di rendere servizi per conto di un’altra impresa committente, pur essendo soggetti esistenti giuridicamente autonomi in ragione dell'assetto societario rivestito e dei documenti costitutivi, e pur risultando titolari di rapporti di lavoro con il personale dipendente, non sono le effettive erogatrici delle prestazioni indicate nelle fatture emesse nei confronti della società committente, non potendo perciò rivestire la posizione di soggetti destinatari del tributo relativo alle operazioni imponibili.