Fisco

Omesso versamento dell’IVA: assolto il contribuente se la soglia di punibilità è leggermente superata


La Cassazione (sentenza n. 15234/2017) interviene nuovamente sul reato di mancato versamento dell’Iva, previsto dall’art. 10-ter del D. Lgs. n. 74/2000, a seguito della revisione apportata dal D. Lgs. n. 158/2015, stabilendo che è applicabile la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. - istituto introdotto dal D. Lgs. n. 28/2015 - per particolare tenuità del fatto, quando la l’Iva omessa, risulta di un ammontare poco superiore alla soglia di punibilità, fissata a 250.000 euro dall’art. 10-ter d. Igs. n. 74 del 2000, in considerazione del fatto che il grado di offensività che dà luogo al reato è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale (Sez. 3, n. 13218 del 20/11/2015, Reggiani Viani, Rv.266570; Sez. 3, n. 40774 del 5/5/2015, Falconieri, Rv. 265079).

L’art. 8 del decreto di revisione ha, infatti, sostituito interamente l’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000, d. Igs. 24 settembre 2015, n. 158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo 8, comma 1, I. 11 marzo 2014, n. 23), in vigore dal 22 ottobre 2015, con la seguente formulazione: “E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d'imposta”. Tuttavia, secondo un condiviso indirizzo giurisprudenziale in tema di omesso versamento dell’IVA, la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., è applicabile nel caso in cui l’importo relativo all’IVA omessa sia pari ad una cifra vicinissima alla soglia di punibilità, fissata a 250.000 euro.

In relazione, invece, all’omissione dell’IVA che risulti inferiore alla soglia di punibilità oggi vigente, il contribuente non può essere punibile ed è assolto con formula piena perché il fatto non sussiste, con contestuale eliminazione della pena inflitta dai giudici di merito. Formula questa, dicono i giudici, da preferirsi rispetto a quella “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”, in quanto, quest’ultima va adottata quando il fatto non corrisponda ad una fattispecie incriminatrice, in ragione o di un’assenza di previsione normativa o di una successiva abrogazione della norma o di un’intervenuta dichiarazione d’incostituzionalità (integrale e non parziale, come nel caso di specie), ferma restando, in tali casi, la possibile rilevanza del fatto in sede civile.

Diversamente, la formula “il fatto non sussiste” escludendo ogni possibile rilevanza, anche in sede diversa da quella penale, va impiegata quando manchi un elemento costitutivo del reato (v., sul punto: Sez. 3, n. 13810 del 12/02/2008, Diop, Rv. 239949).