Diritto

Per i dati del registro imprese non esiste diritto all’oblio


Così si è espressa la CGUE chiamata a decidere su un caso in cui l’amministratore di una società salentina, dichiarato fallito nel 1992, in relazione ad un’altra società di cui era titolare, poi definitivamente liquidata nel 2005, aggiudicatosi l’appalto per la costruzione di un complesso immobiliare turistico e non avendo trovato acquirenti per le unità del complesso immobiliare, lamentava che tale assenza di offerte di acquisto fosse dovuta alla pubblicazione dei suoi dati personali sul registro delle imprese della Camera di Commercio, da cui emergeva chiaramente il suo precedente fallimento. Citava pertanto in giudizio la Camera di Commercio, davanti al Tribunale di Lecce (decisione confermata anche in grado d’appello) che, dando ragione all’imprenditore, ordinava alla Camera l’oscuramento dei dati connessi al suo fallimento.

La Camera di Commercio ricorreva in Cassazione, la quale, sospeso il ricorso, interpellava la Corte Europea domandando se la direttiva sulla tutela dei dati delle persone fisiche, nonché la direttiva sulla pubblicità degli atti delle società, ostano a che chiunque possa, senza limiti di tempo, accedere ai dati relativi alle persone fisiche contenuti nel registro delle imprese.

La decisione della Corte Europea

Con la sua sentenza pubblicata il 9 marzo (C- 398/2015), la Corte Europea evidenzia che la funzione della pubblicità del registro delle imprese è quella di garantire la certezza del diritto nelle relazioni tra le società ed i terzi, nonché tutelare, in particolare, gli interessi dei terzi rispetto alle società per azioni e alle società a responsabilità limitata, dal momento che queste offrono come unica garanzia il proprio patrimonio sociale. La Corte constata, inoltre, che, anche molti anni dopo che la società ha cessato di esistere, possono ancora sorgere questioni per cui è necessario disporre dei dati delle persone fisiche contenuti nel registro delle imprese, inoltre, tenuto conto:

  1. della molteplicità di diritti e rapporti giuridici di una società che possono coinvolgere diversi soggetti, anche in diversi Stati membri (e ciò anche dopo il suo scioglimento) e
  2. dell’eterogeneità dei termini di prescrizione previsti dai diversi diritti nazionali, risulta impossibile identificare un termine univoco, al termine del quale non sarà più necessaria l’iscrizione nel registro e la pubblicità dei dati citati.

In tali circostanze, gli Stati membri non sono tenuti a garantire alle persone fisiche, i cui dati sono iscritti nel registro delle imprese, il diritto di ottenere, decorso un certo periodo di tempo dallo scioglimento della società, la cancellazione dei dati personali che le riguardano.

Date queste premesse, la Corte europea non ritiene che la pubblicazione di tali dati personali nel registro imprese possa in qualche misura compromettere i diritti fondamentali dell’uomo, in considerazione del numero esiguo di dati contenuti nel registro e della scelta da parte degli operatori economici, i quali, decidendo appunto di prendere parte agli scambi economici, accettano implicitamente che i loro dati vengano resi pubblici in quel registro (in un certo senso, accadrebbe ciò che accade ai personaggi pubblici, i quali rendendosi appunto “personaggi” accettano che l’ambito di operatività del loro diritto alla riservatezza sia ridotto rispetto a quello dei comuni cittadini).

Ad ogni modo, i giudici dell’Unione non escludono che, decorso eccezionalmente un periodo di tempo sufficientemente lungo successivo allo scioglimento della società di cui trattasi, ragioni preminenti e legittime, connesse ad un caso concreto riferito alla persona interessata, possano giustificare che l’accesso ai dati personali ad essa relativi sia limitato ai terzi che dimostrino un interesse specifico alla loro consultazione, sempre considerando che una limitazione all’accesso a dati personali presenti in un registro imprese, debba essere il risultato di un apprezzamento da compiersi caso per caso. Spetta a ciascuno Stato membro decidere se intende adottare nel proprio ordinamento giuridico una simile limitazione all’accesso.

Nel caso di specie, la Corte considera comunque che il solo fatto che gli immobili del complesso turistico non si vendano perché i potenziali acquirenti hanno accesso ai dati dell’imprenditore nel registro delle imprese non possa costituire motivo sufficiente a giustificare una limitazione dell’accesso dei terzi a tali dati, considerando, nello specifico, il legittimo interesse di questi ultimi a disporre di dette informazioni.