Fisco

Effetti della cessione del credito Iva a scopo di garanzia nei casi di rinuncia alla cessione da parte del cessionario


L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 39/E del 28 marzo scorso, risponde ad un quesito relativo alla sorte della cessione del credito IVA nel caso di “rinuncia” comunicata all’Amministrazione Finanziaria da parte della cessionaria del credito a titolo di garanzia, per aver la cedente assolto all’obbligazione debitoria, avendo estinto il proprio finanziamento connesso al contratto di cessione del credito.

Nello specifico si chiede alle Entrate di chiarire:

  1. se tali atti siano qualificabili come atti di cessione del credito e se sono opponibili all’Amministrazione Finanziaria;
  2. se è valida la clausola inserita nel contratto di cessione in base alla quale la cessionaria acconsente che le somme erogatele dall’Amministrazione Finanziaria a titolo di rimborso del credito possano essere versate sul rimborso IVA della cedente;
  3. l’efficacia degli atti di rinuncia nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria.

Le precisazioni dell'Agenzia

L’Agenzia delle Entrate, nel suo provvedimento, precisa che in un contratto di cessione del credito Iva a scopo di garanzia connesso ad un contratto di finanziamento, la cessione del credito IVA chiesto a rimborso nella dichiarazione dei redditi, notificato all’amministrazione finanziaria è opponibile a quest’ultima, ai sensi del combinato disposto dall'art. 43-bis, comma 3, del d.P.R. n. 602 del 1973 e dell'art. 1, comma 4, del D.M. n. 384 del 1997

Questo perché, spiega l’Agenzia delle Entrate, la garanzia, atipica e reale, si completa con l’immediato trasferimento a titolo gratuito della titolarità dei crediti Iva, i quali sono automaticamente ritrasferiti al cedente in caso di adempimento delle obbligazioni previste dal contratto di finanziamento.
Il contratto di cessione del credito, quindi, essendo accessorio al contratto di finanziamento, è soggetto ad una specifica condizione risolutiva, quale, appunto, l’adempimento del debito garantito. Quale contratto accessorio al contratto di finanziamento, infatti, ne segue le sorti.

Se il contratto di cessione prevede che il rimborso sia versato sul conto della cedente, tale clausola è efficace anche nei confronti dell’AF, essendo una clausola relativa all’incasso del rimborso, su cui la cessionaria del credito ha manifestato il proprio consenso. Il credito IVA, pertanto, si trasferisce automaticamente in capo alla cedente e può essere da questa incassato, a seguito dell’adempimento del debito garantito. Lo stesso vale anche nel caso di eventi patologici del contratto di finanziamento, come del resto si evince nelle clausole contrattuali del caso di specie, dove si legge: “Qualora la Cessionaria invii alla Cedente una comunicazione di risoluzione automatica, di diffida ad adempiere o di recesso ai sensi dei Contratti di Finanziamento, la Cessionaria avrà diritto di richiedere all’Amministrazione Finanziaria di pagare il Credito Iva su un conto corrente ad essa intestato...

La cessionaria comunque non comunica all’Agenzia delle Entrate una “rinuncia” al credito, perché in tal caso, si configurerebbe una seconda cessione vietata dall’art. 43 bis co. 1, ma effettua una comunicazione all’AF dell’intervenuta risoluzione del contratto di cessione del credito a seguito di adempimento da parte della cedente dell’obbligazione debitoria di garanzia.

In tal caso, quindi, perde di efficacia la cessione originaria e la titolarità del credito ritorna al primo titolare cedente, che, in tali circostanze, non può qualificarsi come soggetto terzo rispetto alle parti contrattuali.

Stante ciò, il cessionario non incorre nel divieto previsto all’art. 43 bis co.1 DPR n. 602/73, secondo cui il cessionario non può cedere il credito oggetto della cessione, considerando, peraltro, come ha ben recentemente chiarito la Cassazione che tale disposizione costituisce “un’eccezione al principio della libera cedibilità dei crediti”, e non è, quindi, suscettibile di interpretazione analogica (Cass. 17 giugno 2016, n. 12552).

A seguito della comunicazione all’Amministrazione Finanziaria della “rinuncia” della cessionaria alla cessione del credito, ovvero della comunicazione della sua risoluzione automatica, il rimborso del credito Iva deve essere erogato al contribuente cedente e non alla cessionaria.
Si evidenzia che ai sensi dell’art. 69 del R.D. 18 novembre del 1923, n. 2440, richiamato dall’art 43-bis, comma 1, tale “rinuncia”, al pari della cessione del credito, deve risultare da atto pubblico e scrittura privata autenticata e deve essere comunicata all’Amministrazione finanziaria e al concessionario mediante notifica.

Nel diverso caso in cui la cessione del contratto di finanziamento venga effettuata in favore di un soggetto terzo, con la conseguente automatica ed ulteriore cessione del credito Iva, tale cessione non può avere alcuna efficacia nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, stante l’operatività del divieto di cessione del credito da parte del cessionario di cui al citato art. 43-bis, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973.