Fisco

Invalida la prova per presunzioni se dai movimenti bancari effettuati sul conto familiare emergono ricavi non contabilizzati


Accolto il ricorso del contribuente contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma che aveva deciso in maniera contraria alla decisione della commissione provinciale di Latina avverso un avviso di accertamento relativo ad IRPEF e IRAP con cui venivano recuperati a tassazione ricavi non contabilizzati, risultanti da versamenti bancari effettuati dal contribuente verso su un conto corrente familiare.

I motivi per cui l’appello non era stato accolto erano principalmente due, di cui uno di natura sostanzialmente processuale; innanzitutto, la CTR riteneva che il ricorso del contribuente fosse stato promosso tardivamente dal momento che la sospensione dei termini determinata dall'istanza di accertamento con adesione (avanzata dal contribuente avverso l'atto di accertamento prima di depositare il ricorso in CTP) non poteva operare in relazione all'autonomo atto di irrogazione delle sanzioni (avverso il quale era solo possibile presentare deduzioni difensive ai sensi dell'art. 16 del D.Lgs. 472/1997); secondo poi, il contribuente si era difeso, affermando di aver versato assegni dal conto corrente relativo all’attività professionale su un conto corrente familiare, sul quale però non veniva rilevata la corrispondenza dei versamenti effettuati e, dunque, in assenza di diverse spiegazioni del contribuente, doveva operare la presunzione di cui all’art.38 del DPR 600/73 con il conseguente recupero a tassazione.

La decisione della Cassazione

Il contribuente, ricorrendo in Cassazione, lamenta la violazione di legge da parte dei giudici d’appello, in relazione all'art. 38 del DPR n. 600/1973 e agli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c. per vizio del ragionamento presuntivo, in considerazione del fatto che la semplice mancanza di corrispondenza tra date e importi dei prelevamenti rispetto ai versamenti non può costituire valida presunzione utile a fondare l’accertamento.

La sez. 5° civile della Corte di Cassazione, conferma quanto argomentato dal contribuente anche in virtù di un orientamento giurisprudenziale condiviso e, con la sentenza n° 7259 del 22 marzo 2017, ne accoglie il ricorso, chiarendo che, sebbene sia vero che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l'onere probatorio dell'Amministrazione è soddisfatto, secondo l'art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente che è tenuto a dimostrare, con una prova analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (Sez. 5, n. 15857 del 29/07/2016 , Rv. 640618 – 01) e che in tema di accertamenti in rettifica ai fini IRPEF, gli uffici competenti sono autorizzati, ai sensi degli artt. 37 e seguenti del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ad avvalersi della “prova per presunzione” - nella fattispecie verificando se i versamenti giustificati dal contribuente come sostanziali giroconti non appaiono con certezza significativi di un reddito non dichiarato, fermo restando che l’onere della prova liberatoria, per il contribuente, deve basarsi sulla natura ed sulla consistenza degli elementi indiziari contrari impiegati dall’amministrazione - tuttavia, perché la mancanza di riscontro, tra i prelevamenti e i versamenti, trovi logica capacità di supporto degli indizi utilizzati dalle Entrate, in primo luogo occorre comprendere se gli importi usciti dal conto professionale siano superiori a quelli versati sul conto familiare e, in caso positivo verificare se la differenza sia o meno compatibile, anche in relazione al dato temporale, con le ordinarie esigenze di vita, nella misura in cui non siano state addotte spese straordinarie. La motivazione offerta dalla CTR, in relazione alla verifica di tali elementi di fatto, secondo i giudici di legittimità, al contrario, non risulta adeguata, in quanto basata solo su presunzioni, per tale ragione il motivo di ricorso del contribuente va accolto.

Infondata, per i giudici di legittimità, è anche la motivazione addotta dalla Commissione Regionale in merito alla tardività dell’impugnazione davanti alla CTP che sarebbe stata proposta oltre i termini. Su tale tema, precisa la Corte, l’eventuale annullamento dell’accertamento travolge anche le sanzioni che lo presuppongono, operando in tale ambito la figura dell’invalidità caducante.