Diritto

E’ possibile far valere la clausola risolutiva espressa in un momento successivo alla cessazione del contratto per finita locazione?


I fatti

A causa del mancato pagamento dei canoni, una società decide di avvalersi della clausola risolutiva espressa contenuta in un contratto di locazione di immobile ad uso non abitativo, convenendo in giudizio la società conduttrice dell’immobile affinché i giudici dichiarassero risolto il contratto per inadempimento e non dovuta l’indennità per la perdita di avviamento.

A seguito delle contrastanti pronunce dei giudici di merito, che, in primo grado, avevano condannato la società proprietaria dell’immobile a versare l’indennità per perdita di avviamento, mentre in grado d’appello si erano pronunciati in maniera opposta, dichiarando risolto il contratto di locazione, ma non dovuta la suddetta indennità, la conduttrice ricorre in Cassazione, denunciando la violazione degli artt. 1453 – 1456 c.c. e dell’art. 34 L. n. 392/78 e dichiarando che quando la comunicazione del locatore, avente ad oggetto la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa, era giunta al conduttore, il contratto era già scaduto da due giorni e sottolineando che “se può essere accettabile che il locatore possa chiedere la risoluzione del contratto anche dopo la sua scadenza per non pagare l'indennità di avviamento, ciò potrebbe fare solo per far accertare una causa di risoluzione per grave inadempimento (art. 1453 cc), mai per far accertare l'operatività di una clausola risolutiva espressa (art. 1456 cc) comunicata dopo la scadenza del contratto. Conclude il conduttore affermando che, essendo già avvenuta la cessazione del contratto per finita locazione, la clausola risolutiva espressa non può essere fatta valere, di conseguenza, era dovuta “l'indennità di avviamento, poiché la inutile tentata risoluzione del contratto per inadempimento non è ostativa alla insorgenza del diritto ex art. 34 comma 1 I. 392/78”.

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, chiamata a decidere sulla questione relativa alla possibilità di valersi della clausola risolutiva espressa o meno in un momento successivo alla scadenza del contratto di locazione dell’immobile ad uso non abitativo e quindi della spettanza o meno dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, che - ai sensi dell’art. 34, co. 1° L. n. 392/78 - va riconosciuta in caso di cessazione della locazione promossa dal locatore, di contro, va negata in caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, ha stabilito che cessato il contratto di locazione relativo ad un immobile ad uso diverso da quello abitativo a seguito di convalida della licenza intimata dal locatore, questi non ha interesse a far valere, dopo la scadenza, una clausola risolutiva espressa del contratto, neppure al fine di sottrarsi al versamento dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale.

In altri termini, se il contratto di locazione è cessato, non può farsi valere la clausola risolutiva espressa; è dovuta, di conseguenza, l’indennità per la perdita di avviamento.