Detraibile l’IVA per la ristrutturazione dell’immobile destinato ad attività di affittacamere
Con la sentenza n. 5406/2017 la Corte di Cassazione respinge il ricorso delle Entrate, avverso la decisione della CTR della Toscana che, confermando la pronuncia dei giudici di prime cure, aveva ritenuto valida l’istanza di rimborso di un Sas, riconoscendole la detraibilità dell’IVA assolta sulle opere di ristrutturazione, afferenti ad un immobile da destinarsi all’attività di affittacamere svolta dalla Sas stessa.
L’Agenzia delle Entrate, nel suo ricorso in Cassazione, riteneva che la decisione della CTR fosse erronea, in quanto emessa in violazione degli artt. 19 e 19-bis, D.P.R. n. 633/72, in ragione del fatto che risulterebbe:
- assente il nesso oggettivo richiesto dalla prima norma, ovvero la necessaria correlazione fra i beni e i servizi acquistati e l’attività esercitata dall’impresa;
- richiesta la detraibilità IVA in relazione a contratti di ristrutturazione di immobile accatastato ad uso abitativo, rientrando il caso nella disposizione di esclusione di cui all’art. 19 bis 1, secondo cui “non è ammessa in detrazione l'imposta relativa all'acquisto di fabbricati, o di porzione di fabbricato, a destinazione abitativa ne' quella relativa alla locazione o alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi, salvo che per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricato delle predette porzioni. (omissis)”.
La decisione della Corte
La Cassazione, tuttavia, ha ritenuto infondato il motivo di ricorso, in quanto contrario al principio di detraibilità, nonché contrario all’ultimo orientamento espresso dalla stessa Corte (cfr. Cass. n. 8628/15). Infatti, l’assunto del Fisco secondo cui l’IVA, ancorché afferente nella specie ad opere di ristrutturazione, non sarebbe detraibile, non svolgendo la parte attività immobiliare ed avendo l’immobile interessato destinazione abitativa, non trova giustificazione, in relazione alla ratio sottesa al principio di detraibilità, né nella giurisprudenza della Corte, secondo la quale il meccanismo della detrazione IVA richiede un necessario rapporto fra i beni e i servizi acquistati e l’attività esercitata, nel senso che essi devono inerire all'impresa, anche se si tratti di beni non strumentali in senso proprio, purché risultino in concreto destinati alla finalità della produzione o dello scambio nell'ambito dell'attività dell'impresa stessa, con la precisazione che “il nesso oggettivo che deve sussistere tra acquisto e impiego di beni e servizi... non è quello di diretta e meccanica utilizzazione, ma... si riassume in una necessaria relazione di inerenza tra la singola operazione di acquisto e l'esercizio dell'attività economica del soggetto passivo IVA” (3458/14, 6785/09, 9452/97); peraltro, la Corte di Giustizia CE ha ritenuto che accertare “se un soggetto passivo, in un caso specifico, abbia acquistato beni per le esigenze delle sue attività economiche ai sensi dell'art. 4 della sesta direttiva [IVA] costituisce una questione di fatto, che va valutata tenendo conto di tutti i dati della fattispecie,[…]” (Corte giust. 11 luglio 1991, causa C-97/90, Lennartz contro Finanzamt Munchen).
Pertanto, dicono i giudici della Cassazione, la strumentalità di un acquisto rispetto all’attività imprenditoriale deve essere rinvenuta non già in base a termini esclusivamente astratti, ma vagliata nel concreto - come è stato fatto dai giudici di merito nel caso di specie, dove è stata evidenziata la natura imprenditoriale dell’attività di affittacamere svolta dalla parte e la fondatezza dei requisiti di inerenza e di strumentalità delle opere eseguite - considerando l’effettiva natura del bene in connessione alle finalità dell’impresa.